Un milione di euro di “buco” sul quale i Cinque Stelle hanno chiesto aiuto al Mef per fare chiarezza. Il senatore pugliese Maurizio Buccarella, ricandidato, che si autosospende dal M5S ammettendo la «leggerezza» di aver revocato i bonifici di novembre e dicembre. Altri nomi di peso, a partire dalla senatrice Barbara Lezzi, salentina come Buccarella, chiamati a dare spiegazioni. E tutti, compresi i fedelissimi di Luigi Di Maio, richiamati con urgenza a Roma per esibire la documentazione che accerti la regolarità dei versamenti.
Si addensano le nubi sul Movimento, dopo il servizio delle Iene trasmesso domenica scorsa sul sito del programma, che ha rivelato come il deputato Andrea Cecconi e il senatore Carlo Martelli abbiano trattenuto rispettivamente 21mila e 76mila euro dalla somma che avrebbero dovuto restituire. All’inizio, lo scarto tra quanto i parlamentari hanno dichiarato di versare dei loro stipendi e quanto effettivamente finito al Fondo per il microcredito del Mise (23,19 milioni) sembrava di 226mila euro. Ma nella giornata di ieri dallo stesso staff di Di Maio era trapelata una cifra almeno doppia. Via via salita, fino a superare il milione. Perché si è capito che nei23,418 milioni di euro riportati sul sito tirendiconto.it sono stati conteggiati anche i 606mila euro degli europarlamentari e i circa 530mila euro dei consiglieri regionali. Significa che i parlamentari che hanno restituito meno del dovuto - usando il trucco di effettuare i bonifici per poi revocarli entro 24 ore - non sono soltanto Cecconi e Martelli. Come ha denunciato alle Iene un ex attivista, sono almeno «a doppia cifra».
Per fare chiarezza i vertici M5S hanno chiesto in via ufficiale al Mef l’accesso agli atti per ottenere gli elenchi dei portavoce che negli ultimi cinque anni hanno effettuato i versamenti. Sul totale delle restituzioni - ogni parlamentare era tenuto a versare metà dello stipendio (ovvero circa 5mila euro lordi) più quanto avanza delle diarie - 1,64 milioni sono finiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, il resto è stato trasferito al Fondo Mise. Per Marco Canestrari, ex dipendente della Casaleggio Associati, sarebbero sospetti i rendiconti di Vito Crimi, Danilo Toninelli, Carlo Sibilia e Michele Giarrusso: «Per tre, quattro, cinque mesi di fila dichiarano di restituire la stessa identica cifra: è virtualmente molto molto difficile. Andrebbe spiegato. C'è un modo molto semplice: pubblicate tutti gli scontrini delle vostre spese. I parlamentari onesti non hanno nulla da temere».
Dal Pd hanno segnalato che la candidata governatrice per il Lazio non rendiconta più da settembre i rimborsi parlamentari. Lei ha replicato piccata: «Non solo ho rendicontato sia ottobre che novembre (mi manca dicembre, ma a gennaio ero, come oggi, in campagna elettorale, quindi ovviamente mi è stato difficile contabilizzare), ma dal 2013 ho restituito ai cittadini più di 155mila euro. Senza una legge che me lo chiedesse». Lombardi parla di «campagna diffamatoria nei confronti del M5S», ma i vertici hanno scelto la linea dura. Dopo qualche tentennamento iniziale ieri è arrivato il diktat di Di Maio, in tour nella sua Campania: «Le mele marce le trovo e le caccio, nessuno deve inficiare il nome del M5S». È servito a poco il ritorno di Beppe Grillo a fianco del candidato premier a Torre del Greco: il comico, ormai defilatissimo, non ha fatto alcun cenno al caso rimborsi e si è limitato a un discorso breve, toccando temi a lui cari (energia, referendum, decentramento), con due bordate a Berlusconi e a Renzi. È il segretario dem ad affondare: «Si sono trasformati in arca di Noè: scrocconi, truffatori e riciclati di altri partiti. Querelatemi se dico il falso». Mentre dallo Sviluppo economico il ministro Carlo Calenda pone la domanda che arriva anche da tanti attivisti sconcertati: «È preoccupante che non lo sappiano, come possono gestire il Paese?».
Sono le smagliature nella rete dei controlli ad allarmare. Vale per i rimborsi come per la scelta dei candidati. Se Emanuele Dessì, Cecconi, Martelli hanno già firmato il modulo di rinuncia al seggio in caso di elezione (il cui valore è tutto da verificare), l’avvocato massone schierato in Campania alla Camera, Catello Vitiello, non vuole saperne. E la pattuglia dei candidati “non candidati” sembra destinata a crescere.
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