Il lavoro nero regna (anche) nei campi: su un totale di 7.265 aziende agricole controllate nel corso del 2017 dall'Ispettorato nazionale del lavoro, i braccianti irregolari individuati sono stati 5.222 (5.512 nel 2016), di cui 3.549 in nero (l'anno precedente erano 3.997) per un tasso di irregolarità pari al 50 per cento. Una percentuale alta, ma superata comunque dal dato registrato in altri settori merceologici: trasporto e magazzinaggio 66,80%, costruzioni 64,44%, alloggio e ristorazione 64,42%, attività manifatturiere 58,84% e commercio 53,90 per cento.
Individuate 387 vittime di sfruttamento
A fare il punto è la Federazione Lavoratori AgroIndustria della Cgil, citando l'ultimo Rapporto annuale dell'attività di vigilanza che offre importanti dati relativi al caporalato, alla luce delle recenti “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo” (legge 199/2016). L'anno passato, grazie all'attività di polizia giudiziaria cui fa riferimento il Rapporto, sono stati individuati 387 lavoratori vittime di sfruttamento in agricoltura, mentre i provvedimenti di sospensione delle attività imprenditoriali sono stati 360, dei quali 312 revocati a seguito di regolarizzazione.
Galli (Flai): con nuove norme repressione ma anche regolarizzazioni
«Questi dati ancora allarmanti - dichiara Ivana Galli, segretaria generale Flai Cgil nazionale - ci dicono come il contrasto al caporalato e allo sfruttamento in agricoltura sia elemento fondamentale per un settore ancora fortemente aggredito da tali fenomeni; alcuni numeri, però, dimostrano anche come con le nuove norme che non ci si sia fermati alla sola azione repressiva ma anche a percorsi di regolarizzazione». Secondo Galli, «il Protocollo, che ha determinato un'importante azione mirata al contrasto al caporalato nel settore agricolo in alcune aree del Paese, dovrebbe essere rinnovato, rilanciato sui territori e rifinanziato».
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