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Il terremoto dell’Irpinia (1980) rimanda in default il Comune di…

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sentenza corte dei conti

Il terremoto dell’Irpinia (1980) rimanda in default il Comune di Napoli

(Agf)
(Agf)

Centoquattordici milioni di euro. Tanto vale il colpo arrivato ieri al Comune di Napoli dalla sentenza delle sezioni Riunite della Corte dei conti, che ha respinto in via definitiva un ricorso di Palazzo San Giacomo esponendolo al rischio sempre più concreto di un secondo dissesto, dopo quello record del 1993. E ancora una volta, i mali dei conti napoletani arrivano da un passato che non passa (perché non viene risanato). Le motivazioni della sentenza di ieri arriveranno nei prossimi 15 giorni, a ridosso dei termini per approvare un preventivo 2018 che assomiglia sempre più a un rebus senza soluzione.

La sentenza
La decisione pronunciata ieri dalle sezioni Riunite chiude una lunga battaglia tra il Comune e la sezione Campania della Corte dei conti. I magistrati della sezione regionale, nella delibera 240 dell’ottobre scorso, avevano rifatto i conti in tasca al Comune, scoprendo che nel 2016 il pareggio di bilancio, obbligatorio per gli enti locali, era stato raggiunto solo sulla carta, mentre il saldo reale viaggiava in rosso per 114 milioni. L’appello di Roma ha confermato questa lettura, e le regole di finanza pubblica parlano chiaro: lo «sforamento» va recuperato nel primo anno utile. Ma un peso da 114 milioni rischia di non essere sostenibile per i già traballanti conti del capoluogo campano, alle prese dall’ormai lontano 2012 con un piano anti-default già bocciato dalla stessa Corte dei conti. Per evitare il dissesto, nell’ultima legge di bilancio era stata infilata una norma «salva-Napoli» (ma torna utile in realtà anche a molti altri enti) che permette di raddoppiare i tempi del risanamento. Ma la novità di ieri rischia di affondare anche questa scialuppa.

Il passato che ritorna
Il problema nasce da quelli che tecnicamente si chiamano «debiti fuori bilancio», e che spuntano da situazioni impreviste e devono essere «riconosciuti» dal Comune appena emergono. Fra questi debiti, reali ma non scritti nei conti napoletani, il più pesante è quello nei confronti di due consorzi di ricostruzione edilizia. Ricostruzione da cosa? Dai danni provocati dal terremoto del 1980.
A pesare sui bilanci napoletani, insomma, è ancora il sisma dell’Irpinia. Il consorzio «Cr8», titolare del credito maggiore, ha ingaggiato con il Comune una battaglia legale infinita, sfociata nella sentenza 39/2016 con cui la Corte d’appello di Napoli ha imposto a Palazzo San Giacomo il pagamento di 83 milioni (storia che la dice lunga sui tempi eterni di molta giustizia civile italiana). Questi soldi nelle casse del Comune non c’erano, ed è scattato il pignoramento. Questa vicenda, insieme a quella parallela del consorzio «Cr10», a un debito non onorato nei confronti di una società di Cardito (Comune dell’area metropolitana, 14 chilometri a Nord del capoluogo) e ad altre cifre ballerine ha portato i magistrati contabili a riscrivere il saldo di Napoli: attestandolo 114 milioni lontano dagli obiettivi di finanza pubblica. E aprendo l’ennesima sfida impossibile per il bilancio da chiudere entro fine mese.

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