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Si ferma la caduta del reddito medio ma aumenta la povertà

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indagine bankitalia sulle famiglie

Si ferma la caduta del reddito medio ma aumenta la povertà

In Italia nel 2016 si è interrotta la caduta del reddito medio equivalente. L'indicatore che meglio approssima il benessere economico individuale, tenendo conto della dimensione familiare e delle economie di scala che ne
derivano, è salito a circa 18.600 euro, il 3,5% in più rispetto a due anni prima. Secondo l'indagine condotta dalla Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie l'andamento favorevole del reddito equivalente si è accompagnato con la ripresa, a tutti i livelli di reddito, della quota di famiglie che hanno dichiarato di essere riuscite, nel complesso dell'anno, a risparmiare parte del loro reddito (in media, dal 27 al 33 per cento).

Tra le famiglie appartenenti al 30% con reddito più basso è però cresciuta anche la quota di quelle che hanno dichiarato di aver fatto ricorso ai risparmi o di essersi indebitate per finanziare la propria spesa. È inoltre diminuita la quota di famiglie che nel 2017, al momento dell'intervista, hanno dichiarato di arrivare a fine mese con difficoltà (al 31 dal 35 per cento della rilevazione di due anni prima); il calo è stato più evidente tra le famiglie con redditi al di sotto di quello mediano.

Sale povertà, una persona su 4 a rischio
Quasi una persona su 4 era a rischio povertà nel 2016. L'indagine di Bankitalia sui bilanci delle famiglie mostra che la quota di individui con un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (che individua il rischio di povertà ed era pari a circa 830 euro mensili nel 2016) è salita al massimo storico del 23% dal 19,6% del 2006. Nel caso degli immigrati l'incidenza di questa condizione è salita dal 34% al 55%, e una crescita notevole del rischio povertà si è avuta anche al nord (dall'8,3% al 15%). Per Via Nazionale l'indice Gini del reddito equivalente, una misura sintetica di disuguaglianza che varia tra 0 e 1, è salito al 33,5% (33% nel 2014 e 32% nel 2006), un livello simile a quello della seconda metà degli anni novanta dello scorso secolo. La crescita della disuguaglianza si è accompagnata quindi all'ulteriore aumento della fetta di individui a rischio povertà. In particolare, gli economisti di Bankitalia spiegano in particolare che l'incidenza di questa condizione è più elevata tra le famiglie con capofamiglia più giovane (per quelli fino ai 35 anni, ad esempio, si passa dal 22,6% del 2006 al 29,7% nel 2016 mentre per quelli tra i 35 e i 45 anni dal 18,9% al 30,3%), meno istruito, nato all'estero e per le famiglie residenti nel Mezzogiorno. In quest'ultimo caso, la situazione non è molto peggiorata ma resta comunque critica: nel 2016 era infatti a rischio povertà il 39,4% degli individui con capofamiglia residente al Sud (39,5% nel 2006). Nei dieci anni precedenti, seguiti alla crisi finanziaria globale, il livello della disuguaglianza, misurato dall'indice di Gini, è aumentato di 1,5 punti percentuali riportandosi in prossimità dei livelli toccati alla fine degli anni novanta del secolo scorso (34,3%); per effetto della prolungata caduta dei redditi familiari, il rischio di povertà è più elevato rispetto a quel periodo, ma inferiore per i nuclei il cui capofamiglia ha più di 65 anni o è pensionato.

Il 5% dei “Paperoni” ha il 30% della ricchezza italiana
Aumentano le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza in Italia. Nel 2016 il 5% dei “Paperoni” deteneva il 30% della ricchezza complessiva. Secondo l'indagine di Bankitalia sui bilanci delle famiglie, il 30% più ricco delle famiglie ha circa il 75% del patrimonio netto rilevato nel complesso, con una ricchezza netta media di 510.000 euro. Oltre il 40% di questa quota è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto in media pari a 1,3 milioni di euro. Al 30% delle famiglie più povere invece l'1% della ricchezza.

Ricchezza netta media -5%, pesa il calo delle case
Tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta degli italiani è diminuita del 5%, quasi interamente per il calo del prezzo delle case. Flessione più marcata per i patrimoni maggiormente in alto. Alla fine del 2016, precisa Bankitalia, le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta, costituita dalla
somma delle attività reali e di quelle finanziarie, al netto delle passività finanziarie, di circa 206.000 euro (218.000 euro nel 2014). Il valore mediano, che separa la metà più povera delle famiglie dalla metà più ricca, spiega ancora Via Nazionale, era significativamente inferiore (126.000 euro, da 138.000 euro nel 2014), riflettendo la forte asimmetria della distribuzione. Le attività reali (immobili, aziende, oggetti di valore) rappresentano l'87% del patrimonio lordo delle famiglie italiane rilevato nell'indagine. Il loro valore, perlopiù determinato dalla casa di residenza, diviene però apprezzabile dal quarto decimo più povero, dove è in media pari a circa 70.000 euro, e sale fino a quasi 800.000 euro nella media del decimo più ricco delle famiglie. Per queste famiglie, la quota di attività finanziarie sul patrimonio lordo oscilla attorno al 10%, avvicinandosi al 20% solo per il 5% più ricco.

Per contro, circa il 70% delle famiglie appartenenti al decimo più povero della popolazione non detiene attività finanziarie e circa metà non possiede attività reali; per chi le detiene, i valori sono contenuti (in media pari a circa 1.500 e 2.500 euro, rispettivamente). Alla fine del 2016, la quota di famiglie che detenevano attività finanziarie è ancora salita, all'84% dal minimo del 79% raggiunto nel 2012, tornando sui livelli prevalenti prima della crisi finanziaria. Il valore medio familiare di tali attività era pari, tra chi le possedeva, a 33.000 euro (31.000 euro a prezzi costanti nel 2014). Tra il 2006 e il 2016 la ricchezza finanziaria è divenuta più concentrata: la quota di attività finanziarie posseduta dalla metà delle famiglie con ricchezza netta più bassa è scesa di circa 5 punti percentuali, a poco meno dell'11%; quella detenuta dal 10% più abbiente è salita di quasi 5 punti, a poco meno del 53%. Alla fine del 2016, quasi il 70% delle famiglie italiane possedeva l'abitazione di residenza e circa un quarto di esse possedeva anche altri immobili; solo il 2% delle famiglie possedeva immobili che non comprendevano l'abitazione principale. La quota di famiglie proprietarie dell'abitazione di residenza è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2006.

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