L’ipotesi di un governo M5S-Lega tiene banco. Almeno per ora. Non è però un mistero che i programmi dei due partiti - pur convergenti su alcuni temi - differiscono non poco su argomenti rilevanti come il fisco e il lavoro. Si comincia allora a ragionare su quali potrebbero essere i punti di un potenziale piano programmatico comune: quali linee di mediazione potrebbero passare? Su quali temi si può dialogare e su quali invece è esclusa ogni trattativa?
Le affinità sul no alla Fornero
L’ostilità alla legge Fornero avvicina i due potenziali alleati. Più tranchant il leader leghista che in mille occasioni ha promesso di abolire la “Fornero” nel primo consiglio dei ministri di un suo ipotetico esecutivo. I Cinque stelle usano l’espressione «superare la riforma Fornero» ma la sostanza non cambia molto: si tratterebbe di introdurre quota 41 di contributi per consentire di andare in pensione prescindendo dall’età anagrafica. Tra abolizione e superamento comunque non sembra così difficile trovare una linea comune.
Sul jobs act linee poco conciliabili
Sul centralissimo tema lavoro il prossimo governo dovrà ripartire dal jobs act. In questo caso è Salvini a parlare prudentemente di «superamento». La linea - comune anche a Forza Italia - è quella di potenziare gli sgravi fiscali su chi stabilizza i giovani. Più in particolare si punta all’azzeramento di tasse e contributi per 6 anni a vantaggio dell’impresa che assume con contratto di primo impiego under35. Ben altro rispetto alla linea dei Cinque stelle che propone il ripristino della reintegra (nelle aziende sopra i 15 dipendenti) anche nei casi di licenziamento economico illegittimo. Accanto a questo punto (totalmente inviso alla Lega), i pentastellati puntano ad aiutare le piccole imprese con la riduzione del cuneo fiscale.
Clausole Iva e investimenti
Sono due temi sui quali l’accordo tra i due partiti è largamente a portata di mano. Recentemente Luigi Di Maio ha promesso che il Movimento farà della sterlizzazione delle clausole per non fare aumentare l’Iva un suo preciso e prioritario impegno. Da questo punto di vista c’è la rassicurazione di procedere senza sobbalzi, in continuità con i precedenti esecutivi. E perfettamente sovrapponibile è la linea leghista: «Non andremo al governo per aumentare l’Iva o tassare i risparmi» ha tagliato corto Matteo Salvini. Quanto al capitolo investimenti, la risoluzione sul Def a cui sta lavorando il Movimento punta su politiche espansive e investimenti pubblici ad alto moltiplicatore. E nel programma pentastellato figurano 50 miliardi di investimenti produttivi, dalla banda ultralarga fino alle energie rinnovabili. Programma del centrodestra alla mano, la Lega si è impegnata ad attuare una «profonda revisione del codice degli appalti» ed ha fatto leva sullo sviluppo infrastrutturale e industriale del Sud con un uso più efficiente dei fondi europei per azzerare il gap con il resto del Paese. Ricette non esattamente uguali ma che inseguono comunque lo stesso obiettivo.
Flat tax e condono fiscale
Il capitolo fisco appare alquanto divisivo. E non tanto sulla rimodulazione delle tasse. La Lega ha nella flat tax al 15% la sua proposta di punta. I Cinque stelle invece insistono su una riforma progressiva delle aliquote Irpef che avvantaggi il ceto medio. Ma le dichiarazioni di due giorni fa di Di Maio alla Confcommercio di Milano in cui il leader M5S parlava non solo di abbassamento del livello fiscale ma anche «del numero delle tasse» ha lasciato intravedere una forma di apertura all’idea leghista della “tassa piatta”. Quel che crea un solco fra i due partiti è invece il maxi condono fiscale lanciato da Salvini in campagna elettorale. Attraverso la sanatoria delle cartelle esattoriali, la Lega punta a incassare 35 miliardi nel primo anno. Risorse da riusare come copertura delle altre misure economiche annunciate.
Reddito di cittadinanza
Sul punto caratterizzante del programma economico pentastellato nella Lega è stata avviata una riflessione. Matteo Salvini ha assicurato di essersi messo al lavoro per «studiare» il reddito di cittadinanza. Ci sono ancora due linee di pensiero tra chi - come il responsabile economico Armando Siri - lo considera uno strumento «ontologicamente sbagliato» in quanto orientato all’assistenzialismo e chi - come Enrico Borghi - dice che può essere trasformato in un reddito di inclusione, già sperimentato dalla Lega in Lombardia. Sembra di capire che un compromesso possa essere trovato.
Euro e regole europee
Sul tema Europa M5S e Lega dimostrano di parlare esattamente la stessa lingua. In campagna elettorale i due rispettivi leader hanno sfumato notevolemnete i toni anti-europei e nessun cenno viene più fatto né su un’eventuale uscita dall’euro né tanto meno su un ipotetico referendum sulla moneta unica. Parallelamente, lo sforamento del tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil non rappresenta un tabù né per i pentastellati, né per i leghisti. E questo costituisce il vero nodo fra l’alleanza “grillo-leghista” e l’Unione europea.
Vitalizi e vaccini
Visione comune anche su vaccini e vitalizi. Entrambi i partiti puntano a smontare la legge Lorenzin che introduce l’obbligo vaccianle. Su lotta ai vitalizi e costi della politica, proprio negli ultimi giorni, si è registrata una manovra di avvicinamento di Salvini a Di Maio. Sintomo che qualcosa si sta muovendo.
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