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Il piano vitalizi M5S: stop pensione ai neoeletti, contributivo per…

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i costi della politica

Il piano vitalizi M5S: stop pensione ai neoeletti, contributivo per gli altri

(Afp)
(Afp)

Di Maio lo aveva in qualche modo preannunciato: «Vogliamo la presidenza della Camera perché è li che bisogna tagliare più vitalizi». Adesso che il presidente M5S c’è - nella persona di Roberto Fico - il partito di Di Maio insegue un altro obiettivo: fare di Riccardo Fraccaro il questore anziano di Montecitorio. Potendo contare su presidente e questore anziano, i grillini avrebbero la strada spianata per il terzo e più importante obiettivo: presentare il piano di tagli ai vitalizi al primo ufficio di presidenza con una delibera che è praticamente quasi pronta. E che prevede due punti: i neoeletti non matureranno più una pensione a 65 anni di età anche dopo cinque anni pieni di legislatura. Tutti gli altri conserveranno la pensione, ma il suo importo sarà profondamente rivisto (al ribasso) perché ricalcolato con il metodo contributivo. E questo varrà sia per i parlamentari che per gli ex parlamentari che sono già andati in pensione.

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Una rivoluzione. Sia perché le nuove regole avranno l’effetto concreto di far abbassare notevolmente gli assegni pensionistici di deputati e senatori, sia per il metodo che si intende utilizzare: non un Ddl o comunque una legge ma una semplice delibera dell’ufficio di presidenza. Delibera contro la quale i partiti avranno verosimilmente qualche remora ad opporsi.

Un assaggio si è avuto già martedì, quando il leader della Lega Matteo Salvini ha aperto in modo totale sul tema: «Se vado verso un sistema pensionistico totalmente contributivo, deve valere anche per la politica e lo faccio anche retroattivamente, non è possibile che ci siano deputati o senatori che lo hanno fatto magari per un anno e che sono in pensione da tempo per 2-3 mila euro, è immorale. Non salva i conti del Paese, ma è un segnale».

È così che, anche forti di questo asse con la Lega, i Cinque Stelle andranno dritti all’obiettivo. Per i neoeletti non scatterà più nemmeno il diritto alla pensione di 1.000-1.200 euro al mese a 65 anni e dopo cinque anni di legislatura. Per loro la Camera e il Senato verseranno i contributivi nei cinque o più anni di legislatura (se saranno rieletti) e questi verranno cumulati con quelli versati all’Inps o ad altri istituti previdenziali durante il normale percorso lavorativo. Per gli altri parlamentari (compresi gli ex parlamentari) l’assegno sarà ricalcolato con il solo metodo contributivo. Sulla falsariga del Ddl Richetti che nella scorsa legislatura era stato approvato dalla Camera con il sì di Pd e M5S (allora la Lega si era astenuta) e che era stato poi abbandonato al Senato su un binario morto.

È chiaro che, una volta portata a termine l’operazione alla Camera, il Senato (che al momento sulle pensioni dei parlamentari non ha applicato neppure il contributo di solidarietà varato dalla Camera) non potrà che allinearsi.

E se poi arrivassero dei ricorsi? Questo poco importa ai Cinque stelle: l’essenziale è portare a casa il risultato politico: via i vitalizi per tutti. E presto, a inizio legislatura, magari anche prima dell’insediamento del governo. Per dare il segnale di una svolta: i privilegi non esistono più.

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