Hanno cominciato con gli Stati Uniti, e poi via via con 23 altri Paesi che, in solidarietà con la Gran Bretagna, avevano partecipato alla catena di espulsioni di diplomatici russi in relazione al caso Skripal. Anche all’Italia, dunque, è stata comunicata la decisione del ministero degli Esteri russo di espellere due funzionari dell’ambasciata d’Italia presso la Federazione russa. Lo ha reso noto la Farnesina con una nota. All’incaricato d’affari dell’ambasciata è stata consegnata «una nota verbale con cui Mosca formalizza la decisione di espellere due funzionari dell’Ambasciata italiana». Nessuna indiscrezione, per ora, sui loro nomi. Per lasciare il territorio della Federazione è stata concessa una settimana di tempo.
Il criterio definito da Mosca
La misura era attesa. Giovedì sera il ministro degli Esteri russo, Serghej Lavrov, aveva dichiarato “persona non grata” 60 diplomatici americani, tanti quanti i funzionari russi che devono lasciare gli Stati Uniti come ritorsione all’analoga misura adottata da Washington insieme ai Paesi europei in risposta all’avvelenamento a Salisbury di Serghej Skripal, ex agente del Gru (servizio segreto militare russo) e di sua figlia Yulia. Mosca aveva subito chiarito che avrebbe seguito un criterio “speculare”, di reciprocità: un diplomatico straniero espulso per ogni russo che è stato costretto o sarà costretto a rientrare in patria. Al momento, i diplomatici russi espulsi sono 153, e forse arriverano a essere altrettanti quelli dei Paesi a cui, insieme all’ordine di espulsione, è stata consegnata una nota di protesta. In risposta alla chiusura del consolato russo di Seattle, inoltre, il Cremlino ha ordinato entro domani quella del consolato americano a San Pietroburgo.
Fonti diplomatiche: la misura colpisce due funzionari, non due diplomatici
La misura di ritorsione, che ricorda i tempi della guerra fredda tra Occidente e l’allora Unione Sovietica, è scattata dunque anche per l’Italia, che è uno dei Paesi più russofili in Europa. Su questo punto fonti diplomatiche italiane sottolineano che la misura riguarda funzionari dell’ambasciata, non diplomatici. La soluzione adottata dai russi in queste ultime ore, ricordano, è in linea con quella adottata lunedì 26 marzo dal ministero degli Affari esteri italiano, che a seguito delle conclusioni adottate dal Consiglio europeo del 22 e 23 marzo scorso, in segno di solidarietà con il Regno Unito e in coordinamento con partner europei e alleati Nato, aveva deciso di espellere «due funzionari dell’ambasciata russa accreditati in lista diplomatica».
«Non è compromesso il positivo andamento delle relazioni»
Più in generale, le stesse fonti diplomatiche dicono di non ritenere la decisione presa da Mosca un atto che possa compromettere il positivo andamento delle relazioni bilaterali tra Italia e Federazione russa poiché, spiegano, è fondato su ragioni specifiche, non sovrapponibili al dialogo che da sempre l’Italia coltiva con la Russia e alle proficue relazioni politiche, economiche e culturali. La misura dell’espulsione, è dunque il ragionamento, ha carattere personale: non avrà la conseguenza di ridurre in modo permanente il personale in servizio presso l’Ambasciata russa a Roma.
L’ambasciatore tedesco: nel nostro interesse buone relazioni con Russia
Allo stesso modo l’ambasciatore tedesco a Mosca, Rudiger von Fritsch, ha dichiarato uscendo dal ministero degli Esteri che il governo russo deve fare tutto quanto in proprio potere per chiarire i tragici fatti di Salisbury. Nondimeno, «buone relazioni con la Russia sono nell’interesse della Germania - ha detto von Fritsch -. Noi siamo pronti, e aperti al dialogo». Sulle condizioni di Yulia Skripal, intanto, da Salisbury arrivano notizie rassicuranti. In rapido miglioramento, la figlia dell’ex agente russo avrebbe ripreso a parlare e a mangiare da sola. Del padre invece vengono riferite ancora condizioni critiche ma stabili.
L’ambasciata russa a Roma: speriamo nel nuovo governo
La mossa italiana di allinearsi agli alleati nell’espulsione dei diplomatici russi, come prevedibile, non era piaciuta a Mosca. Il disappunto era stato messo nero su bianco in una dura nota dell’ambasciata russa a Roma, che aveva parlato apertamente di un gesto di «inimicizia» da parte del governo «dimissionario» di Paolo Gentiloni. «Speriamo che il nuovo esecutivo, espressione dell’esito delle elezioni» cambi linea e «voglia perseguire con decisione una politica di sostegno al dialogo costruttivo e di sviluppo della collaborazione in tutti i campi», aveva scritto - tre giorni dopo la decisione italiana di puntare sull’espulsione - l’ambasciata guidata da Serghej Razov. Parole che sono erano lette come endorsement alle forze politiche che sono uscite vincitrici dal confronto elettorale del 4 marzo, Lega e 5 Stelle: entrambe hanno sempre contestato la logica delle sanzioni adottate dall’Unione europea nei confronti di Mosca all’indomani della crisi in Ucraina.
I precedenti: dall’ambasciatore eritreo nel 2001 a quello della Corea del Nord
La decisione del governo italiano di ricorrere all’espulsione di personale più o meno direttamente legato all’ambito diplomatico ha dei precedenti. Il caso più recente è l’interruzione della procedura di accreditamento dell’ambasciatore della Corea del Nord. Risale invece al maggio del 2012 la dichiarazione di persona non grata dell’ambasciatore siriano e altri tre membri dell’ambasciata siriana a Roma. Ancora prima, nel settembre 2001, la dichiarazione di persona non grata dell’ambasciatore eritreo.
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