Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, non ha dubbi. Il modello da prendere in considerazione nella gestione dei flussi migratori è quello di Victor Orbàn, che con il suo partito Fidesz domenica ha conquistato il terzo mandato con quasi il 50 per cento dei voti alle elezioni ungheresi. «I patrioti europei festeggiano la conferma di Viktor Orbán alla guida dell’Ungheria - è stato il commento di Meloni a poche ore dalla conferma del premier populista e anti Ue -. Difesa dell’identità, lotta all’islamizzazione forzata, contrasto alla speculazione finanziaria e al globalismo: è il modello che Fratelli d’Italia vuole seguire anche in Italia». La stessa Meloni, a fine febbraio, in piena campagna elettorale, si era recata a Budapest per incontrarlo. In Italia anche la Lega ha espresso apprezzamento per l’esito delle elezioni. Ma c’è una questione che va presa in considerazione.
Italia e Ungheria interessi opposti nella gestione della questione migranti
Il problema è che, al di là delle parole di apprezzamento espresse dal presidente di FdI, Italia e Ungheria hanno esigenze (e strategie) diverse per affrontare la questione migranti. Se la prima infatti è, con la Grecia, in prima linea nella gestione dei flussi e preme, con il sostegno della Commissione Ue, per una maggiore condivisione degli sforzi in questo ambito, a cominciare da una revisione del regolamento di Dublino, Budapest è dall’altra parte della barricata, al fianco di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia nel dire no a un sistema più equo di ripartizione delle persone che fanno domanda di asilo.
Il blocco Visegràd: no a quote obbligatorie
I paesi dell’Europa dell’Est si oppongono in particolare a un meccanismo di quote di accoglienza obbligatoria di richiedenti asilo per ogni paese dell’Unione europea. Il braccio di ferro ha portato a un’impasse: il Consiglio europeo, al quale partecipano i rappresentanti dei governi della Ue, non ha ancora trovato un accordo, nonostante una proposta della Commissione europea e il lungo lavoro di mediazione del parlamento europeo. La prossima riunione del Consiglio è in agenda il 28 giugno. Tra i temi sul tavolo anche la revisione di Dublino.
I numeri deludenti dei ricollocamenti
La distanza tra le richieste dell’Italia e la posizione del gruppo Visegràd è nei risultati deludenti del ricollocamento dei migranti, soluzione concepita dall’Ue per superare la crisi. Su 160mila persone che Bruxelles puntava a spostare in due anni (settembre 2015/settembre 2017) dai primi paesi di ingresso verso gli altri Stati europei, a novembre erano avvenuti solo 32.336 collocamenti (10.842 dall’Italia e 21.524 dalla Grecia). Le attuali regole europee, in base alle quali il primo paese di sbarco è competente a esaminare le richieste d’asilo dei migranti, creano una situazione di disparità tra i paesi che sono in prima linea e quelli che, per collocazione geografica, sono più nelle retrovie. L’Italia fa parte del primo gruppo, l’Ungheria di Orbàn decisamente nel secondo. Le distanze rimangono. Con o senza l’endorsement di Meloni nei confronti del premier ungherese.
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