Una volta c'era il Movimento Cinque Stelle anti-euro, anti-sistema, anti-Nato, anti-lobby, rigidissimo nel suo primo comandamento, quello che avrebbe dovuto sovvertire l'autoreferenzialità della casta e le incrostazioni del potere: il divieto dei due mandati, ovvero l'impossibilità di ricoprire più di due incarichi nelle istituzioni di ogni tipo, dal Parlamento ai Comuni. Come in un castello di carte, nel giro di un anno, tutte le posizioni “contro” si sono via via affievolite. Resta l'ultima, la più importante, a traballare. Jason Horowitz sul New York Times tre giorni fa attribuisce al capo della comunicazione M5S Rocco Casalino l'ammissione che derogare ai due mandati è una «possibilità». Casalino rettifica a un quotidiano italiano: «È la nostra regola aurea, per ora non è in discussione».
In quel «per ora» si nasconde tutto. Perché, come si evince dalle parole pronunciate a taccuini chiusi da molti parlamentari M5S, in caso di un rapido ritorno al voto la richiesta dei gruppi parlamentari ai vertici sarà quella di prevedere un'eccezione, nel nome della legislatura appena cominciata, e riconfermare candidati tutti i 331 neoeletti. Tra cui i “big”, a partire da Luigi Di Maio e Roberto Fico, che altrimenti sarebbero bruciati. Spazzati via insieme a tutta l'attuale classe dirigente M5S, che si è ben sistemata nei ruoli chiave di Camera e Senato.
«Ma è troppo presto per poterne parlare», sostiene un senatore. La speranza di andare al governo sarà l'ultima a morire. E prima che le urne - a cui nessuno vuole ritornare - si possano considerare realmente un pericolo si dovrà attendere almeno fine mese, quando si terranno le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, che potrebbero segnare uno spartiacque nel centrodestra. In casa pentastellata si confida che dopo la vittoria del leghista Massimiliano Fedriga, Matteo Salvini potrà trovare il modo di dire addio all'alleato Silvio Berlusconi, l'unico ostacolo a un'intesa con i Cinque Stelle per Palazzo Chigi.
Fino a quel momento, parlare di deroghe ai due mandati sarà ancora tabù. Poi, se lo stallo proseguisse senza soluzioni, si aprirebbe il file come extrema ratio. E sarebbe l'ultima definitiva metamorfosi da far digerire non tanto al nuovo elettorato di massa quanto al vecchio zoccolo duro delle origini. Che già fatica a riconoscere il nuovo Movimento, diventato un'altra cosa. Giravolta dopo giravolta.
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