La lunga attesa del mondo della scuola è terminata: dopo oltre otto anni di blocco, a maggio arriveranno gli arretrati, “una tantum” che potrà oscillare, a seconda dei profili, fino a 6/700 euro. Con il cedolino di giugno invece scatteranno gli aumenti veri e propri, fra gli 80 e i 110 euro lordi mensili. A prevederlo è il nuovo contratto, 2016-2018, del maxi comparto «Istruzione e Ricerca» sottoscritto ieri definitivamente all’Aran (hanno siglato il testo Cgil, Cisl, Uil; la Gilda ha firmato con riserva, lo Snals-Confsal ha confermato invece il «No»).
L’articolato interessa circa 1,2 milioni di dipendenti, oltre un milione nella sola scuola, 53mila nell’università (esclusi i professori universitari), 24mila negli enti di ricerca e 9.500 nell’Afam (l’Alta formazione artistica e musicale).
Per gli insegnanti, dai maestri di infanzia e primaria ai professori laureati delle superiori, l’aumento complessivo medio previsto (decorrenza 1° marzo) è di 96 euro lordi al mese (si toccano picchi di poco più di 110 euro per i docenti delle superiori con elevata anzianità in classe). Per il personale tecnico-amministrativo (gli Ata) la busta paga cresce in media di 84,5 euro (si va da un minimo di circa 80 euro a un massimo di 89, anche qui in base agli anni di servizio). Per i docenti del settore Afam, l’aumento medio è di 105 euro; per l’università è di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca, 92 euro, per l’Asi, l’Agenzia spaziale italiana, 118 euro. Salvaguardato, per le fasce retributive più basse, il bonus di 80 euro.
Per far salire gli aumenti lordi mensili sopra gli 85 euro medi, negoziati a novembre 2016 con i sindacati, si prevedono, nel nuovo contratto, due voci distinte, rispetto al “tabellare”. Si tratta di un “elemento perequativo”, che per i docenti della scuola oscilla tra i 3 e i 19 euro, appannaggio essenzialmente delle qualifiche iniziali (e che si esaurirà a dicembre); e un ulteriore riconoscimento economico (Rpd, «Retribuzione professionale docenti») di un importo che varia da 10,50 euro per chi ha un’anzianità di servizio da 0 a 14 anni, a 12,80 euro nella fascia 15-27, fino a 15,70 euro per anzianità in classe oltre i 28 anni. Per finanziare, essenzialmente, quest’ultima voce vengono utilizzati 70 milioni quest’anno, 40 a regime, che vengono sottratti ai 200 milioni complessivi previsti dalla legge 107 e destinati a premiare gli insegnanti meritevoli (e in più i criteri generali per determinare i compensi dovranno essere contrattati). Per effetto di questo “scippo” l’importo disponibile per il bonus premiale scende a 130 milioni nel 2018, 160 milioni a regime (ma questi fondi potranno ri-crescere, spiegano dal Miur, anche grazie alla costituzione di un unico fondo nel quale confluiranno tutte le risorse accessorie).
Tra le altre novità dell’accordo spicca la stretta su chat e molestie: i docenti che dovessero violare la fiducia accordatagli, mettendo in atto comportamenti o molestie di carattere sessuale nei confronti dei loro alunni, saranno da subito licenziabili (oggi al più scatta una sospensione cautelare). Per l’uso improprio degli strumenti di comunicazione, e in generale per il nuovo «codice disciplinare», bisognerà aspettare un’apposita sequenza contrattuale da ultimare entro luglio. Sempre a una «sequenza contrattuale» viene affidato il compito di individuare un nuovo modello di sviluppo professionale adeguato ai tempi (per i docenti ciò potrà portare, per la prima volta, a istituire una carriera).
Si prova, infine, a garantire la continuità didattica (tema ritenuto «centrale» dalla ministra, Valeria Fedeli). Dopo le deroghe degli ultimi tempi, si ripristina il vincolo triennale nei trasferimenti dei docenti: gli insegnanti, cioè, dovranno rimanere per almeno tre anni nella scuola assegnata e richiesta volontariamente (per i residui trasferimenti su e da ambito è invece un nuovo “liberi tutti” annuale).
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