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M5S fa retromarcia, cade il limite dei 2 mandati elettivi

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ultimo tabù

M5S fa retromarcia, cade il limite dei 2 mandati elettivi

Il M5S è ufficialmente tornato in campagna elettorale, con tante incognite e una certezza: se si tornerà al voto entro l’anno si derogherà al limite dei due mandati, la regola voluta da Gianroberto Casaleggio per impedire ai pentastellati di ricoprire per più di due volte incarichi elettivi in qualsiasi amministrazione, da quelle locali al Parlamento. Crolla così l’ultimo tabù del Movimento. E si blinda Luigi Di Maio (insieme al grosso del gruppo dirigente attuale, tutti al secondo mandato), indebolito dallo stallo di questi due mesi e dal fallimento dei due forni.

È stato lo stesso leader a rassicurare i suoi 338 parlamentari in serata, dopo il “no” al governo neutrale proposto dal presidente Mattarella e il patto per il voto a luglio siglato con la Lega di Matteo Salvini. Mentre tra deputati e senatori montava il malumore per la scelta di tornare alle urne, Di Maio ha aperto: «Visto che la legislatura praticamente non è iniziata, le liste per le nuove elezioni saranno probabilmente le stesse (al netto di massoni e “furbetti” che i probiviri non riterranno degni di riammissione nel M5S, ndr). La decisione finale spetterà comunque al garante». Beppe Grillo, partito ieri da Roma verso New York, ha invitato per ora a «stare vicino a Luigi».

Dalla sterilizzazione dellIva alla legge elettorale: la mission di un governo di tregua

La mission della compattezza è tornata in cima all’elenco delle priorità. Il nervosismo è palpabile: si teme che qualcuno possa decidere di votare la fiducia al governo di garanzia. «Siamo sicuri - si domanda un deputato - che dei circa cento eletti al Centro-Nord nessuno si sfilerà? Molti di loro, con l’avanzata della Lega segnalata da tutti i sondaggi, hanno pochissime chance di essere rieletti». Lo dice chiaro e tondo Andrea Cecconi, il marchigiano finito nel Misto dopo lo scandalo rimborsi: «Al Centro molti degli eletti nell’uninominale, presi tra i non iscritti al Movimento, non verranno rieletti».

Anche per questo non si perde ancora la speranza che davanti al voto di fiducia sia in realtà il centrodestra a frantumarsi, con Fi tentata dalla responsabilità. Perché è alla Lega che si continua a guardare, con la formula chiarita ieri al capo dello Stato: sì al dialogo con Salvini, ragionando su un premier terzo, no a Fi. È però l’alt al governo di garanzia che per Di Maio rappresenta il vero strappo: getta alle ortiche la tela tessuta negli ultimi nove mesi e il buon rapporto costruito con Mattarella.

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