Il voto a luglio - domenica 8 o 22 che sia - comincia a far paura ai partiti. Lo sconsiglia in primo luogo il rischio astensionismo, messo in evidenza dallo stesso capo dello Stato. Ma lo rendono poco praticabile anche una serie di intoppi procedurali legati all’indizione delle elezioni: presentazione delle liste e relativa raccolta delle firme e aggiornamento degli elenchi degli italiani votanti all’estero.
Il nodo firme
La legge prevede che tutti i partiti non presenti in entrambe le Camere con un gruppo parlamentare debbano raccogliere le firme nel caso vogliano presentare proprie liste alle elezioni politiche. Il Rosatellum aveva previsto una deroga ad hoc a questa norma per le sole elezioni del 4 marzo. Per il prossimo turno elettorale invece non si aprirà alcun paracadute, dunque il tempo sarà una variabile fondamentale per quei partiti che non hanno gruppi in Parlamento o che lo hanno in una sola Camera, come nel caso di Leu. Emma Bonino ha già sollevato il problema: «Abbiamo espresso anche la più viva preoccupazione sulla procedura democratica, o antidemocratica, in caso di elezioni superanticipate. Non vi sfuggirà che in questo caso, che il voto sia a luglio o ottobre, è chiaro che
potranno presentarsi solo Pd, M5s e centrodestra: tutti gli altri sono esclusi per le procedure previste dalla legge».
Sottoscrizioni e alleanze
Esiste poi una sorta di subordinata al tema “raccolta delle firme”. Spesso le piccole liste (che devono raccogliere le firme) sono costrette a fare alleanze con i grandi partiti (esentati dalla raccolta delle firme perché presenti in Parlamento con un gruppo) nell’uninominale. In questo caso i grandi partiti “ospitano” candidati delle piccole liste alleate nei collegi uninominali. Ma la spartizione dei posti è un processo lungo che si conclude non prima della vigilia della scadenza ultima. Motivo per il quale è impossibile per i piccoli avere il tempo di raccogliere le firme. Il problema si era presentato alle scorse elezioni per la lista “+Europa” che aveva poi ricevuto ospitalità dal Centro democratico di Tabacci (allora presente in Parlamento). Anche questo nodo andrà sciolto.
I votanti all’estero
La legge Tremaglia per il voto degli italiani all’estero fissa il termine di almeno 60 giorni prima della data del voto per la comunicazione dell’elenco degli elettori residenti all’estero. Una comunicazione che il ministero degli Interni deve inviare a quello degli Esteri. Non si tratta di un termine perentorio ma ordinatorio, fanno notare i tecnici della materia. Cioè, si potrebbe facilmente derogare. Ma, in ogni caso, gli elenchi vanno aggiornati. Dunque va calcolato del tempo necessario all’aggiornamento di questi dati per dare la possibilità anche a chi si è da poco trasferito all’estero di poter votare.
Rischio astensionismo
C’è poi la tara più pesante. Quella rappresentata dall’astensione che un voto in pieno periodo estivo si porterebbe dietro. Che sia l’8 o il 22 luglio, le cabine elettorali vedrebbero gioco forza assentarsi tutti coloro che sono lontani dalla loro residenza abituale per le vacanze. Le scuole chiuse sarebbero disponibili a ospitare i seggi. Ma con gli studenti in vacanza, una buona parte di famiglie sarebbe “costretta” a tralasciare l’appuntamento elettorale per motivi di forza maggiore. Insomma un vero e proprio percorso a ostacoli.
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