L’industria del turismo nel mondo continua a macinare record e non soffre crisi. E anche in Italia i numeri sono positivi. Gli ultimissimi di Banca d’Italia parlano di entrate dai 60 milioni di turisti stranieri arrivati in Italia nel 2017 a quota 39,1 miliardi, 3 miliardi in più rispetto all’anno prima. Tutto bene dunque? Non proprio. E per due motivi. Se si guardano in modo più approfondito gli stessi dati emerge che 7 turisti su 10 si concentrano in solo 5 Regioni o meglio nelle classiche mete sovraffollate come Firenze, Roma e Venezia che è stata costretta a ricorrere ai tornelli per limitare gli ingressi durante il ponte del 1 maggio. Il secondo dato è che nonostante la crescita costante degli ultimi anni c’è chi ha fatto molto più di noi, come la Spagna che solo l’anno scorso dai turisti stranieri ha incassato più del doppio dell’Italia: 87 miliardi.
L’indagine consueta di Bankitalia sulla bilancia turistica dell’Italia parla chiaro sulle preferenze dei turisti. Nel 2017 il 65,9% delle entrate turistiche (cioè dei 40 miliardi di spesa complessiva dei visitatori stranieri ) si è concentrata in 5 Regioni. In pratica quasi 7 turisti su 10 hanno viaggiato e dunque speso nel Lazio, in Lombardia, nel Veneto, in Toscana e nella Campania. Ma in realtà la stragrande maggioranza di questi preziosi incassi è rimasta nelle grandi città e mete turistiche italiane delle cinque Regioni. E cioè Roma, Venezia, Milano, Firenze e Napoli che da sole registrano entrate per 20 miliardi. Roma dopo il calo dell’anno del Giubileo nel 2017 è cresciuta addirittura del 20,4% (con incassi a 6,743 miliardi), seguita da Venezia (+19,45 a 3,769 miliardi) alle prese ormai con il rischio tornelli per la troppa affluenza di visitatori e con l'exploit di Napoli (cresciuta del 17,8% per 1,617 miliardi), mentre Milano - dopo l'effetto Expo sul 2015 e 2016 - e Firenze segnano il passo (-2,4 e -6,3% rispettivamente con 3,453 miliardi e 2,716 miliardi).
Il fenomeno della concentrazione del turismo in poche località è ben noto e l’ultimo Governo ha provato ad affrontarlo con il piano strategico del turismo - tutto ancora da attuare - che tra le sue priorità indica proprio la distribuzione di questi flussi sul territorio (in particolare centri più piccoli e borghi) utilizzando le mete più tradizionali come porte d’ingresso per queste nuove destinazioni. Una strategia condivisa con regioni ed enti locali oltre che con tutti gli attori del turismo che il nuovo Governo dovrà decidere se mettere in pratica magari con risorse più sostanziose rispetto al passato. In Italia manca infatti una strategia nazionale da troppi anni, mentre altri Paesi come la Francia e la Spagna si sono dotate di programmi e piani strategici da molto tempo. E i risultati sono ben visibili. Soprattutto in Spagna che sta scalando la classifica mondiale delle mete più visitate nel mondo: l’anno scorso ha raggiunto il secondo posto dopo la Francia (l’Italia è solo quinta dopo Usa e Cina). Nel 2017 i nostri vicini spagnoli hanno ospitato quasi 82 milioni di turisti stranieri che hanno speso 86,8 miliardi - contro i quasi 40 dell’Italia - con una crescita degli incassi del 12%. La Spagna da anni vive un vero e proprio boom del turismo (dalle città alle mete balneari) e incassa di più perché in media fa restare più giorni i turisti stranieri rispetto all’Italia.
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