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La Terza Repubblica di Mattarella e l’eredità di Einaudi

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post-elezioni

La Terza Repubblica di Mattarella e l’eredità di Einaudi

L’arbitro Sergio Mattarella ha fischiato l'inizio della Terza Repubblica? Fosse così, i settanta, tortuosi giorni della politica e dei partiti trascorsi dopo le elezioni del 4 marzo non sarebbero passati invano. Perché le parole pronunciate a Dogliani ricordando il grande predecessore Luigi Einaudi segnano una svolta decisiva.

Il Presidente della Repubblica non ha messo i piedi nel piatto della politica. Semplicemente, ha perimetrato i punti fermi del suo ruolo e delle sue prerogative. Spetta a lui (articolo 92 della Costituzione) la nomina del presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, dei ministri. Solo robusti contropoteri impediscono gli abusi. La scelta dei ministri è fondamentale. Sono inaccettabili le proposte di leggi prive di copertura finanziaria.

Il messaggio recapitato a Movimento 5 Stelle e Lega, impegnati a dar vita ad un governo, non poteva essere più chiaro e opportuno. L’Italia non può rimanere in stallo politico e ha il dovere di essere protagonista in Europa e nel mondo. E non si pensi che il Quirinale possa fare da testimone-notaio di acrobazie improvvide abdicando al suo ruolo. Se parte da Dogliani, la Terza Repubblica parte bene.

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