Non c’è solo la questione del curriculum del professore Giuseppe Conte ad agitare Movimento 5 Stelle e Lega che fino a ieri si sentivano a un passo dalla nascita del loro primo governo a 80 giorni dal voto del 4 marzo. La composizione dell’esecutivo presenta caselle particolarmente complicate da riempire, su tutte quella del dicastero dell’Economia con tensioni tra i due promessi alleati che rischiano di far saltare l’intero impianto. I protagonisti provano a essere rassicuranti: «Si va avanti, al centro della discussione gli ultimi dettagli in attesa della convocazione del presidente Mattarella» ha fatto sapere l’ufficio stampa della Lega al termine dell’incontro tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
Dettagli che rischiano di mandare all’aria tutto il piano. Il principale scoglio resta via XX Settembre. Su indicazione della Lega, Salvini e Di Maio insistono su Paolo Savona, economista sardo di lunga esperienza, classe 1936, ex ministro dell’Industria, commercio e artigianato da indipendente nel governo Ciampi (’93-’94). Le sue posizioni molte critiche nei confronti della moneta unica lo hanno fatto apprezzare dal Carroccio («è una persona la cui storia è una garanzia per sessanta milioni di italiani» dice Salvini) tanto da finire nella categoria dei sovranisti. «A non volermi, semmai, è l’establishment che mi accusa
di dare copertura al populismo, frutto invece dei loro comportamenti» ha detto Savona al quotidiano l’Avvenire. Il suo nome non supererebbe il vaglio del presidente della Repubblica cui spetta la nomina dei ministri, anche se a proporne è il presidente del Consiglio. Lo schema alternativo, con Luigi Di Maio a Palazzo Chigi, vedrebbe al ministero dell’Economia al posto del professore anti-euro il leghista Giancarlo Giorgetti, destinato altrimenti al ruolo strategico di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ma è un’ipotesi smentita ancora oggi dallo stesso capo politico del movimento.
L’altro rettangolo dell’organigramma su cui ancora si lavora è quello della Difesa, ministero-chiave su cui grande è l’attenzione del capo dello Stato. Guido Crosetto, esponente di Fratelli d’Italia, sembrava destinato all’incarico anche se il suo partito fosse rimasto fuori dalla maggioranza: nei giorni scorsi si era parlato di sue dimissioni da senatore o di un suo passaggio al gruppo misto. Crosetto, già sottosegretario nello stesso ministero ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi (2008-2011), ha chiarito che «non si può essere ministro se non si è espressione di un partito che va al governo». E Fdi non entrerà nella maggioranza. Alla Difesa potrebbe andare Elisabetta Trenta del Movimento 5 Stelle.
Per il ministro dei Trasporti c’è invece il caso-Castelli: la parlamentare piemontese, portavoce del Movimento 5 Stelle, nelle intenzioni dei pentastellati dovrebbe subentrare a Graziano Delrio. Una scelta che trova resistenze nella Lega per le posizioni di Castelli contro la Tav: il contratto Lega-M5S sulla nuova linea ferroviaria ad alta velocità in valle di Susa, aveva detto Castelli domenica scorsa, «tutela e rafforza il popolo No Tav perché «si ridiscuterà l’intero progetto nel quadro dell'accordo fra Italia e Francia». Per il posto si fa il nome di Giuseppe Bonomi, già presidente della società di gestione aeroportuale Sea.
Se Di Maio, leader politico del Movimento 5 Stelle, non andasse a Palazzo Chigi, potrebbe guidare un super ministero che nascerebbe dall’accorpamento di Sviluppo economico e Lavoro (postazione dalla quale gestire il reddito di cittadinanza, una delle misure simbolo dei Cinque stelle). Un’operazione che trova la resistenza della Lega.
© Riproduzione riservata