La questione industriale, da rilanciare, e i rapporti con Bruxelles, da portare avanti senza strappi perchè l’Italia «vince e avanza con L’Europa e dentro l’Europa». Poi il lavoro e i giovani come priorità non derogabile, e l’imperativo di non fare passi indietro sulle infrastrutture, a partire da Tav e Ilva.
La parola d’ordine, in tempi di incertezza politica e populismi, è «cambiare senza distruggere», per «dare certezza al futuro».
Sono i punti chiave della relazione con cui il presidente Vincenzo Boccia ha aperto questa mattina a Roma l’Assemblea pubblica 2018 di Confindustria.
Ripartire dalla questione industriale
L'intervento del presidente si apre con un riferimento diretto al «progressivo venir meno delle politiche ultra espansive della Banca Centrale Europea», che potrebbe «rendere più costoso il finanziamento del debito, sia pubblico, sia privato». Ma questo non è l'unico problema da fronteggiare. L'America, a fronte del declino della manifattura che «ha creato grandi squilibri sociali e ha lasciato molti territori indietro» oggi lavora «per riportare le fabbriche nel Paese, e «creare posti di lavoro tagliando le tasse alle imprese, attrarre investimenti esteri». Da noi, mette in guardia Boccia «si vuole chiudere l'Ilva, la più grande acciaieria d'Europa», mentre altri Paesi all’avanguardia nello sviluppo economico come la Cina puntano a conquistare il mercato europeo con la nuova Via della Seta. L’Italia deve quindi guardare a queste “scelte positive” riportando al centro la «questione industriale», da cui occorre ripartire con «realismo e consapevolezza».
Europa «casa comune»
Dalle mosse dei giganti dell’economia ai rapporti dell’Italia con l’Europa. «Da soli possiamo poco di fronte a questi giganti economici e politici, perché la concorrenza non è più tra i singoli Paesi ma tra l'Europa e il mondo esterno», ricorda Boccia all’assemblea confindustriale, quindi L'Europa «deve agire unita», e l'Italia «deve fare sentire la sua voce a Bruxelles». E l’Europa, si accalora Boccia deciso a «difendere gli interessi dell'Italia» deve continuare ad essere «la nostra casa comune», vera e propria ancora del Paese, punto fermo «per una Confindustria non protezionistica e che non si vuole chiudere in piccole rendite di posizione, ma vuole affermare che l'Italia vince e avanza con l'Europa e dentro l'Europa». La linea espressa da Boccia è però tutt’altro che passiva: in Europa, spiega, «occorre rovesciare il principio del Patto di Stabilità e Crescita perché è la Crescita che garantisce la Stabilità e non il contrario». E l'Italia «deve sentirsi a pieno titolo parte del gruppo di testa di questa Europa, che va cambiata, sì, ma dal di dentro».. Perchè «l’Europa è imprescindibile».
«La missione di oggi è una sola e si chiama lavoro»
Il fronte Ue, dunque, da guardare con realismo e senza strappi, con spirito riformatore e garantendo ai partner europei il rispetto delle regole, ma anche quello interno, dove l’emergenza sono i divari economici e l’assenza di prospettive per i giovani. «Dietro il nostro pensiero economico c'era e c'è una idea di Società, più giusta e più inclusiva», ricorda Boccia citando l’assise di Confindustria del 2016. «Per questo parlavamo già all'epoca di politica dei fattori e non della scelta dei settori per un Paese più competitivo. Per tutti e non solo per qualcuno». «La missione di oggi, tanto attuale quanto ignorata, è una sola: si chiama lavoro», incalza poi il presidente degli industriali, indicando la vera priorità della politica e del Paese.
Defiscalizzare per favorire produttività e assunzione dei giovani
Per garantire nuove opportunità di lavoro e il rilancio dell’occupazione istituzioni, classe politica e e corpi intermedi devono ognuno dare il proprio contributo. Perchè, insiste Boccia, «occorre ricucire lo strappo intergenerazionale». Quindi «meno enfasi sulle pensioni» e più sul lavoro, «che acquista una centralità assoluta», e «abbassa il bisogno di garantire chi un reddito non riesce a procurarselo». Il lavoro, «qualificato ed efficiente», è per Boccia «la migliore garanzia di riattivare quell'ascensore sociale che si è inceppato», e può anche essere «il campo dove sperimentare una tassazione che favorisca, attraverso la defiscalizzazione, i premi legati all'aumento della produttività e l'assunzione dei giovani».
Le proposte di Confindustria per l’occupazione
Il contributo degli industriali per rilanciare l’occupazione si rispecchia nel “Patto della Fabbrica” o “Patto per il Lavoro” siglato con Cgil, Cisl e Uil, ed è fatto di proposte «chiare» e concrete, che Boccia ripropone. Si va dalla «rilevante riduzione del cuneo fiscale a totale vantaggio dei lavoratori» all inclusione dei giovani «attraverso una piena detassazione e decontribuzione per i primi anni di assunzione». Le proposte messe in campo da Confindustria comprendono anche l’uso strategico dei fondi interprofessionali, per migliorare la formazione «dentro e fuori le imprese», e un approccio innovativo a contratti e relazioni industriali «da concepire nell'interesse di tutti e non contro qualcuno», per affrontare «il nodo produttività: la grande sfida dell'industria italiana».
Puntare sulle infrastrutture per ridurre i divari
Nella relazione di Boccia, un ruolo chiave per il Paese e per le giovani generazioni è poi rappresentato dal Mezzogiorno e dalle infrastrutture, due aspetti che non è possibile dimenticare se si vuole davvero «difendere la competitività delle imprese e allo stesso tempo costruire occasioni di lavoro». «Le due cose vanno insieme», spiega Boccia, che in parallelo ad un più generale « processo di ammodernamento della nostra macchina pubblica, che finora si è fermato alle norme e agli strumenti» - vedi responsabilità dei dirigenti, ritardo nei pagamenti della Pa e nel rilascio dei certificati antimafia, giustizia lenta che frena gli investimenti e via elencando - auspica «un grande piano di infrastrutture del Paese» che «avrebbe ovvie ricadute sulla competitività delle nostre imprese e sul turismo».Collegando «territori a centri, periferie a città», e «il nostro Paese al mondo» le infrastrutture - alcune delle quali oggi messe in discussione da Lega e M5S che si accingono a guidare il Paese - ricorda Boccia ai delegati riuniti all’Auditorium di Renzo Piano, «sono la precondizione per costruire una società inclusiva e ridurre i divari».
«Non ci può essere una politica forte senza un'economia forte»
La relazione del presidente cita il Terzo Valico, la Tav e il Tap come tasselli fondamentali per la centralità italiana «che però rischiamo di perdere irrimediabilmente rimettendo in discussione scelte strategiche per il nostro futuro». Le infrastrutture - e in particolare la Torino-Lione oggi a rischio per le scelte di retroguardia della politica - «portano lavoro, democrazia, commercio e crescita», conclude Boccia lanciando un appello alla classe politica, in particolare quella espressa da Lega e M5S: «Non ci può essere una politica forte senza un'economia forte. E se la politica pensa di essere forte creando le condizioni per indebolire l'economia, lavora in realtà contro se stessa». Nel mirino finiscono in particolare le «tante promesse elettorali» degli ultimi mesi, per le quali, si sfoga il presidente di Confindustria in un passaggio a braccio della sua relazione, «non è affatto chiaro dove si trovano le risorse».
Calenda: pronte nuove risorse per l’Ilva
In platea, oltre ai 5mila delegati, la base dell’associazione degli imprenditori italiani preoccupati una possibile svolta anti-industriale legata al “Governo del cambiamento” annunciato da M5S e Lega. Ad assistere alla relazione anche il presidente del Consiglio e il ministro dello Sviluppo economico uscenti, Paolo Gentiloni e Carlo Calenda, che nel suo intervento sul palco risponde a stretto giro ai timori per il futuro industriale dell’Ilva espressi da Boccia. «Il Governo tramite l'amministrazione straordinaria è disponibile a mettere sul piatto ulteriori risorse per chiudere nelle prossime ore», annuncia Calenda all’assemblea. «Negoziare si può e si deve», aggiunge, ma occorre fare «presto», perché l'azienda «finirà la cassa nel mese di luglio e ricominciare tutto da capo o per seguire chi propone soluzioni tecnologiche irrealizzabili rischia questa volta di provocare una chiusura tutt'altro che progressiva».
Calenda: no nazionalizzazione Alitalia e al «sovranismo anarcoide»
Un chiaro riferimento alle mosse preannunciate dai politici pentastellati che seguono il dossier grandi imprese anche nel passaggio dedicato dal ministro uscente ad Alitalia. L’ipotesi nazionalizzazione, circolata nelle ultime ore, avverte Calenda, «rischia di rappresentare un altro falò delle vanità per chi la propone e per i soldi dei contribuenti». Da bocciare anche la mozione, approvata ieri in Parlamento, che vorrebbe «fissare le quote di partecipazione pubbliche a una cordata che ancora non c’è». L’Italia, aggiunge, ha bisogno «di uno Stato forte, ma non dello statalismo che ne rappresenta una degenerazione mortale». E conclude mettendo in guardia dal «sovranismo anarcoide, quello che gioca con i soldi degli italiani come fossero soldi del Monopoli».
I messaggi della vigilia
Ieri, a margine dell’assemblea associativa a porte chiuse che tradizionalmente precede quella pubblica, Boccia aveva confermato l’intenzione di mantenere ferma la linea dichiarata fin da inizio mandato. Ovvero «dialogo, apertura, e collaborazione a 360 gradi» con chi governa il Paese e con tutte le istituzioni. Al tempo stesso, aveva avvertito: «Lanceremo messaggi chiari a chi si appresta a governare» ribadendo le priorità indicate alla politica dalle Assise Generali a Verona prima del voto del 4 marzo: occupazione, giovani, crescita, meno debito pubblico, più Europa.
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