
Le ultime notizie in campo ambientale non hanno offerto dell'Italia un quadro positivo. La Commissione europea ha deciso nei giorni scorsi di referire il paese dinanzi alla Corte europea di Giustizia a causa della violazione delle regole anti-smog. L'Italia poi deve fare i conti con una causa relativa a 44 discariche che non sono state chiuse o bonificate. Eppure, come in altri campi, anche nella gestione dei rifiuti e nell'economia circolare l'Italia nasconde oltre a ritardi macroscopici anche risultati positivi. In una intervista al Sole/24 Ore, il commissario all'ambiente, alla pesca e agli affari marittimi, il maltese Karmenu Vella, 67 anni, sottolinea che la lotta all'inquinamento è una opportunità, non solo un costo.
Quale giudizio dà dell'Italia nel suo insieme sul fronte ambientale?
Si stanno facendo progressi. Il numero di discariche sta diminuendo, mentre la percentuale di rifiuti riciclati o oggetto di compostaggio è in aumento. Il paese tuttavia sta mancando grandi opportunità economiche. Il progresso non è sufficientemente rapido, tanto più che da questa settimana abbiamo nuovi obiettivi approvati dal Parlamento e dal Consiglio. Il 55% dei rifiuti comunali dovrà essere riciclato entro il 2025, il 65% entro il 2035.
Secondo un recente Eurobarometro, il 30% delle imprese italiane non ha fatto alcun investimento per migliorare l'uso delle risorse naturali. La percentuale è del 21% in Germania. Che spiegazione dà di questa situazione?
Vi sono ragioni strutturali e regolamentari. La situazione italiana è a pelle di leopardo. Il paese può certamente essere un modello a livello europeo. La città di Milano, per esempio, è all'avanguardia nel raccolta differenziata e nel riciclo dei rifiuti. Vi sono poi regioni dell'Italia che possono diventare un modello all'interno del paese stesso. Ciò detto, più in generale, il Nord è in una situazione migliore del Sud nel rispettare i nostri obiettivi.
Quale debolezza vede in particolare in Italia?
Il sistema è decentrato. Sono le regioni, le province e i comuni a essere responsabili della raccolta e della gestione dei rifiuti. D'altro canto, così è in quasi tutti i paesi membri, soprattutto quando sono grandi. Il trasferimento della responsabilità a livello locale non può essere una giustificazione per il mancato rispetto delle regole del singolo paese. In ultima analisi, emergono differenze tra le regioni, che nei fatti hanno priorità diverse. In Italia, le regioni in ritardo dovrebbero promuovere la raccolta differenziata. Senza dimenticare che è possibile ottenere prestiti dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) e dal Fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI).
Cosa si può fare per migliorare la situazione. Centralizzare maggiormente la gestione dei rifiuti?
Credo che vi debba essere un migliore coordinamento, un aiuto nel finanziamento, nel sostegno economico, eventualmente una tassazione che vada a colpire le discariche di materiali recuperabili. Vi sono oggi una quarantina di discariche da chiudere o da bonificare, alcune delle quali particolarmente importanti. A richiedere una migliore gestione dei rifiuti non vi sono solo considerazioni ambientali, ma anche sociali e sanitari. La Commissione europea ha introdotto un sistema per il quale un paese in difficoltà in un particolare settore ottiene l'aiuto di stati membri che in quel particolare campo hanno una specifica expertise. Alcuni paesi ne hanno fatto uso, come il Portogallo o la Romania.
A proposito dell'acqua, le ultime statistiche mostrano enormi perdite nella rete idrica nazionale. Il 10% delle famiglie denuncia irregolarità nella fornitura.
Vi sono nel Sud del paese particolari sfide legate sia alla qualità che alla quantità di acqua. Spesso la distribuzione è più impegnativa della stessa produzione. La rete è vecchia, le perdite sono piccole e difficili da individuare, provocando un aumento dei costi.
L'Italia versa alle autorità comunitarie milioni di euro per via di multe ricevute a causa del non rispetto dalle regole ambientali. Finora ha versato oltre 322 milioni di euro in penalità.
E' un peccato. Il denaro potrebbe essere usato in modo molto più produttivo, per esempio nella stessa economia circolare. La difesa dell'ambiente è anche una opportunità economica. Crea lavoro, e risponde a una ampia domanda della popolazione. Il 75% dei cittadini considera che l'ambiente debba essere difeso con regole comunitarie. L'economia verde si è dimostrata particolarmente robusta durante la crisi dell'ultimo decennio.
Tra qualche giorno proporrete nuovi obiettivi per ridurre i rifiuti di plastica nei mari. Ce ne può anticipare il contenuto?
Abbiamo effettuato una selezione e una analisi dei dieci oggetti che più spesso finiscono in mare, a cominciare dai bastoncini cotonati, dai tappi, dalle bottiglie e dalle cannucce. Questi dieci oggetti rappresentano il 50% dei rifiuti gettati in mare, a cui bisogna aggiungere le reti da pescatore non più utilizzate, che pesano per il 25% del totale. Se vi sono alternative agli oggetti in questione, ne promuoveremo l'uso. Se non vi sono alternative, vorremo aumentare la consapevolezza dei cittadini sui danni arrecati all'ambiente. Pensiamo anche di introdurre incentivi, per esempio per stimolare il recupero in mare delle reti non più utilizzate dai pescatori.
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