Insieme a quello ai vitalizi dei parlamentari, l’attacco alle «pensioni d’oro» è stato l’unico tema previdenziale citato in modo diretto nel discorso al Senato del neopremier Conte, che ha ribadito anche «l’obiettivo della Flat Tax». La cura prospettata agli assegni più pesanti, quindi, va vista nell’effetto combinato delle due mosse: il ricalcolo contributivo che abbassa la pensione lorda, ma i benefici fiscali promessi dall’imposta a due aliquote che alzano il netto. E il risultato, se davvero tutto il programma andrà in porto, è tutto sommato tranquillizzante per i titolari delle pensioni più pesanti. La riforma fiscale sarebbe in grado di sterilizzare tagli che cancellano un quarto dell’assegno lordo: e la “tutela” cresce con il reddito.
Il conto mostra di quanto potrebbe scendere l’importo lordo della pensione per mantenere con la Dual Tax la stessa somma netta lasciata oggi dall’Irpef. Fedele al testo del «contratto di governo», prima di tutto, Conte ha individuato come «esempio di ingiustificato privilegio» le pensioni che superano i 5mila euro netti al mese e non sono integralmente «coperte dai contributi previdenziali», perché spinte in alto dal vecchio sistema retributivo. E in effetti quasi tutti i 158mila casi di pensioni che superano quella soglia hanno una componente retributiva più o meno forte.
L’entità del taglio che sarebbe prodotto dal ricalcolo con il criterio retributivo dipende dalla categoria e storia lavorativa di ciascuno dei titolari. Che però, accanto al timore per la promessa di revisione al ribasso dell’assegno lordo, possono appunto nutrire la speranza di un ritocco al rialzo dell’importo netto grazie alla riforma fiscale. Come mostra il grafico, una pensione da 10mila euro lordi al mese si traduce oggi in un netto da 6.225 euro: per vedersi accreditare la stessa cifra, con la Dual Tax ipotizzata dalla maggioranza basterebbe un lordo da 7.470 euro, cioè il 25,3% in meno dell’assegno attuale. Per chi oggi riceve un netto mensile da 5.665 euro, partendo dunque da un lordo di 9mila, l’ombrello aperto dalla Dual Tax vale qualche decimale meno, ed è in grado di neutralizzare un taglio del 24,6%, mentre salendo a 9.075 euro netti (15mila lordi) la “tutela” cresce fino ad ammortizzare un taglio del 27,4 per cento. Questa scala degli effetti dipende dalla gerarchia dei benefici della Dual Tax, che aumentano di valore al crescere del reddito anche se a questi livelli la riforma non prevede la deduzione da 3mila euro e applica l’aliquota del 20%. Nei casi di generosità maggiore del retributivo mostrati a suo tempo dall’operazione «porte aperte» dell’Inps, in realtà, nemmeno i super-bonus fiscali basterebbero ad azzerare i tagli, ma li ridurrebbero di molto.
L’Istituto guidato da Boeri, per esempio, fa i conti in tasca a un ex prefetto che con l’applicazione del contributivo si vedrebbe ridurre l’assegno del 28%; con la Dual Tax il taglio effettivo sarebbe limitato al 6%. Una rinuncia del 9% netto sarebbe invece l’effetto finale per il diplomatico in pensione che oggi riceve il 31% “di troppo”.
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