Voto disgiunto, doppia preferenza di genere, voto solo al candidato sindaco o voto solo alla lista. A cui si aggiungono tre schede diverse a secondo della popolazione dell’ente per cui si va alle urne. Il sistema di elezione dei sindaci, con cui i cittadini chiamati alle urne dovranno cimentarsi il prossimo 10 giugno, è forse quello più complesso tra i presenti in Italia. Ma è anche ben collaudato: risale alla legge del 1993. Niente a che vedere con le regole per le regionali (dove ogni realtà, grazie all’autonomia, spesso ha scelto il proprio meccanismo) o con quelle per il Parlamento nazionale (nate solo l’anno scorso).
I comuni con più di 15mila abitanti
Nei comuni con più di 15mila abitanti (109 in questa tornata del 10 giugno 2018) l'elettore si trova davanti una scheda con i nomi dei candidati sindaci. Accanto al nome di ogni candidato sindaco ci possono essere i simboli di una o più liste che lo appoggiano. Accanto al simbolo di ogni lista c'è infine lo spazio per indicare eventualmente al massimo due preferenze. Se si indicano due preferenze devono essere di genere diverso, altrimenti la seconda preferenza viene annullata.
Tre opzioni per l’elettore
Nei comuni con più di 15mila abitanti l’elettore ha tre opzioni. Nel caso voglia votare per un candidato sindaco ma non per uno dei partiti, può tracciare un segno solo sul nome del candidato sindaco: in questo caso il voto va solo al candidato sindaco e non anche alla lista. Si può anche tracciare un segno solo sul simbolo della lista: in questo caso però il voto è attribuito sia alla lista che al candidato sindaco. Oppure si può tracciare un simbolo sia sul nome del candidato sindaco che su una delle liste che lo appoggiano.
Come funziona il voto disgiunto
È possibile anche votare per un candidato sindaco e una lista collegata a un candidato sindaco diverso (il cosiddetto voto disgiunto): un meccanismo studiato per costringere i partiti ad accordarsi sul nome di un candidato sindaco “di valore” in grado di strappare consensi anche agli schieramenti avversari.
Il ballottaggio negli enti con più di 15mila abitanti
Nei comuni con più di 15mila abitanti è eletto sindaco il primo candidato che ha superato il 50% più uno dei voti. Se le liste collegate hanno superato il 40% dei voti (e nessuna altra coalizione di liste, o lista, ha superato il 50% dei voti), ottengono il 60% dei seggi. Gli altri seggi vengono distribuiti tra le altre liste (che hanno però superato il 3%) in proporzione ai voti ottenuti. I seggi vengono distribuite alle liste in base ai voti ottenuti, e assegnati ai candidati in base alle loro preferenze.
Come funziona il ballottaggio
Se nessun candidato sindaco supera il 50% più uno dei voti, si va due settimane dopo al ballottaggio tra i due candidati con più voti (in questa tornata l’eventuale ballottaggio sarà il 24 giugno). Tra primo e secondo turno (ma al massimo entro sette giorni dal primo turno) è possibile stringere alleanze (i cosiddetti apparentamenti) con liste escluse dal secondo turno. Le liste che appoggiano il candidato eletto sindaco al secondo turno ottengono il 60% dei seggi.
Per la Sicilia la soglia scende al 40%
Nel 2016 l’Assemblea regionale siciliana ha approvato una legge elettorale per i comuni dell’isola che di fatto ha ridotto il ricorso al ballottaggio: negli enti con più di 15mila abitanti, per essere eletto sindaco al primo turno basterà arrivare primi e aver superato il 40% dei voti. Un meccanismo che in questa tornata interesserà 19 enti, tra cui i capoluoghi Catania, Messina, Siracusa, Ragusa e Trapani.
Sindaco senza maggioranza: rischio «anatra zoppa»
Per effetto del voto disgiunto si può anche verificare il caso della cosiddetta “anatra zoppa”: un candidato eletto sindaco ma senza maggioranza in consiglio comunale. È stato questo il caso per esempio del comune di Isernia nel 2012. Il candidato del centrosinistra Ugo De Vivo vinse con il 57,4% al secondo turno, ma le liste del centrodestra ottennero al primo turno il 58,7%. De Vivo fu eletto sindaco, ma le sue liste ottennero solo 8 seggi, contro i 20 del centrodestra. Il sindaco in questo caso entra in carica (essendo eletto direttamente dai cittadini non ha bisogno del voto di fiducia del consiglio). Tuttavia, per approvare i singoli provvedimenti deve puntare al sostegno anche delle liste che non lo hanno sostenuto.
I comuni sotto i 5mila abitanti
Nei comuni con meno di 5mila abitanti, il cittadino elettore si trova una scheda molto semplice: l'elenco dei candidati sindaco, con accanto al nome e cognome di ogni candidato il simbolo dell’unica lista che lo appoggia. L'elettore può tracciare un segno sul nome del candidato sindaco, sia sul simbolo della lista, sia può tracciare due segni: uno sul simbolo della lista e uno sul nome del candidato sindaco. In tutti e tre i casi il voto vale sia per il candidato sindaco che per la lista.
Piccoli comuni e preferenza unica
Sotto al simbolo della lista c'è lo spazio per indicare una sola preferenza: si può scrivere il cognome (o nome e cognome in caso di omonimia) di un candidato alla carica di consigliere comunale. Il candidato sindaco che ottiene più voti diventa primo cittadino, e la lista che lo appoggia ottiene i due terzi dei seggi (i seggi sono attribuiti ai candidati consiglieri in base alle preferenze ottenute). Gli altri seggi sono distribuiti alle altre liste in proporzione ai voti ottenuti.
I comuni tra 5mila e 15mila abitanti
Per i comuni tra 5mila e 15mila abitanti, il meccanismo di elezione è lo stesso dei comuni con meno di 5mila abitanti, cambia solo come è disegnata la scheda, dato che è possibile indicare due preferenze e non una sola: sotto il simbolo della lista sono segnati due spazi. Tuttavia, se si indicano tutte e due le preferenze, il sesso del primo candidato consigliere deve essere diverso da quello del secondo candidato. Nel caso in cui il sesso sia lo stesso, la seconda preferenza viene annullata.
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