Sono 760 comuni italiani chiamati al voto domenica prossima, 10 giugno, per l’elezione dei sindaci e dei consigli comunali (a cui si aggiungono le elezioni in due consigli circoscrizionali del Comune di Roma). L’eventuale turno di ballottaggio si svolgerà domenica 24 giugno: sul totale dei comuni al voto si contano infatti 109 enti con più di 15.000 abitanti, enti per cui è previsto appunto l’eventuale ballottaggio.
Occhi sui 20 capoluoghi
Gli occhi sono tutti puntati sui 20 i capoluoghi di provincia interessati dalla consultazione elettorale: Brescia, Sondrio, Treviso, Vicenza, Imperia, Massa, Pisa, Siena, Ancona, Teramo, Terni, Viterbo, Avellino, Barletta, Brindisi, Catania, Messina, Ragusa, Siracusa, Trapani. Sono interessati dalla consultazione elettorale anche due consigli circoscrizionali, il III e l’VIII Municipio di Roma Capitale; qui voteranno complessivamente 290.934 elettori, poco più di Catania (266mila elettori), il capoluogo di provincia più popoloso interessato da questa tornata. Complessivamente gli elettori interessati dalla consultazione di domenica prossima sono 6,7 milioni.
In 8 Comuni nessuna lista: elezioni nulle
Sono 8 i comuni nei quali non è stata presentata alcuna lista e dove quindi arriverà il commissario, ben cinque in Sardegna: Austis, Magomadas, Putifigari, Ortueri e Sarule. Sarà nuovamente commissariato anche il comune di San Luca, 4 mila anime alle porte di Reggio Calabria, dove non si elegge un sindaco dal 2013, quando fu sciolto per infiltrazioni mafiose. Gli altri comuni nei quali non è stata presentata nessuna lista sono: Rodero in Lombardia e San Biagio Platani in Sicilia.
Su 20 capoluoghi, 15 hanno la giunta uscente Pd
Alla luce dalla debacle dello scorso 4 marzo, il partito che rischia di più è il Pd. Quasi tutte le amministrazioni uscenti nei capoluoghi di provincia sono di centrosinistra: 15 su 20 se si considera anche Terni, ora in amministrazione straordinaria. Le eccezioni sono Messina (guidata dal civico Renato Accorinti) e Ragusa (sindaco uscente il pentastellato Federico Piccitto, che non si ricandiderà). Vengono dal commissariamento, dopo una precedente giunta di centrodestra, Trapani e Teramo e Brindisi (qui al governo erano i Conservatori e riformisti di Raffaele Fitto più altre liste civiche).
A rischio quattro bastioni Pd
Potrebbero cadere quattro bastioni del Pd nelle ormai ex regioni rosse: Pisa, Massa, Siena e Ancona. Alle politiche del 4 marzo il centrosinistra (senza Liberi e Uguali) è arrivato terzo nella città di Massa, e quindi potrebbe finire addirittura fuori dal ballottaggio. A Pisa e Ancona è arrivato secondo (nella prima dopo il centrodestra, nella seconda dopo il M5S). Ma anche a Siena, dove comunque ha mantenuto il primo posto con il 38%, il centrosinistra potrebbe soccombere: a Siena il M5S non ha presentato la propria lista e potrebbe crearsi una saldatura degli elettorati di Lega e pentastellati, i cui partiti a livello nazionale stanno portando avanti l'alleanza di governo.
Alleanza Pd-LeU a macchia di leopardo
A differenza di quanto avvenuto nelle amministrative 2017, in questa tornata non sempre è stato possibile ricostruire a livello locale una alleanza Pd-LeU. «Il centrosinistra è andato un po’ in ordine sparso», ammette il deputato di LeU Nico Stumpo. Queste comunali potrebbero vedere assottigliarsi la truppa di oltre 5mila amministratori locali del Pd, dai sindaci fino ai consiglieri comunali, che negli anni passati ha formato la spina dorsale del partito.
Tiene l’intesa Lega-Fi in 15 capoluoghi su 20
Nonostante la divaricazione tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini sulla formazione del nuovo governo nazionale, l’alleanza tra Lega e Forza Italia ha retto nella maggioranza dei capoluoghi al voto (15 su 20). Come già avvenuto nelle amministrative 2017, in molti casi si è deciso di convergere su un candidato espressione della società civile, in grado di allargare il consenso al ballottaggio.
Il Carroccio insidia Fi al Sud
E se nelle città del Nord (dove la Lega, alla luce dei risultati delle politiche, punta a doppiare i voti di Fi) l’accordo è stato sempre raggiunto, non così si può dire al Sud. Qui il Carroccio è alla ricerca di spazi a scapito di Fi. «Dove il centrodestra guarda avanti e può essere coerente cambiare la Lega ci sarà, dove Forza Italia fa inciuci con il Pd noi andremo da soli», ha detto Salvini in un sua uscita a Catania. Il risultato è che la Lega (al netto di Ragusa dove non c’è la lista) ha deciso di correre con un suo candidato alternativo a quello di Fi a Siracusa, Trapani, Brindisi e Barletta.
Ipotesi desistenze incrociate M5S-Lega
Grande sorpresa sul fronte M5S è stata la mancata presentazione delle liste a 5 stelle nelle città di Vicenza e Siena. Molti hanno parlato di una sorta di desistenza con la Lega in queste città (anche se il movimento a Vicenza ha smentito indicazioni di voto), considerando l'alleanza che i due partiti hanno stretto a livello nazionale. Anche alla luce del fatto che il Carroccio non ha presentato la sua lista a Ragusa, unico capoluogo al voto con sindaco uscente grillino.
M5S punta alla vittoria al primo turno in Sicilia
Ed è proprio nelle città siciliane dove i grillini hanno più possibilità di affermarsi senza ballottaggio, forti di una legge elettorale che nell’isola dà la possibilità di essere eletti al primo turno se si arriva primi superando il 40% (a livello nazionale la soglia è il 50%). A Siracusa (55,6%), Trapani (53,4%), Catania (47,6%), Ragusa (47%) e Messina (45%), i grillini alle politiche sono arrivati primi superando ampiamente quella soglia. Anche perché il Partito democratico proprio in Sicilia pare in affanno: a Trapani e a Catania, il Pd appoggerà i propri candidati sindaco ma senza una lista con il simbolo del Pd.
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