Seppur escluso, almeno dalle dichiarazioni del vicepremier e ministro del Lavoro Luigi di Maio, l'aumento dell'Iva nel 2019, può essere utile ipotizzarne le conseguenze che potrebbe avere su Paese e cittadini.
La prima attiene alla natura regressiva dell'imposta, che verrebbe esasperata penalizzando i redditi più bassi. Secondo una stima contenuta nel volume «La finanza pubblica italiana: Rapporto 2017», pubblicato da Il Mulino, l'aumento dell'aliquota, nell'anno appena trascorso, al 10% delle famiglie più povere sarebbe costata l'1,7% del reddito equivalente familiare, mentre sui redditi più alti il peso sarebbe stato dello 0,83 per cento.
L’effetto sull'evasione
«Un altro effetto dell'aumento dell'Iva – spiega Giampaolo Arachi, professore di Scienza delle finanze dell'Università del Salento e membro del Centro di ricerca Dondena, dell'Università Bocconi di Milano -, è il possibile aumento dell'evasione fiscale. Questo porterebbe un'altra conseguenza diretta, la cifra da raccogliere per tenere i conti in equilibrio sarebbe più alta dei 12,4 miliardi di euro stimati al netto dell'evasione». Il saggio di Elena D'Agosto e Alessandro Santoro che verrà pubblicato nell'edizione 2018 del Rapporto sulla finanza pubblica italiana, stima che l'aumento di evasione prodotto dall'incremento della sola aliquota ordinaria dal 22% al 24,2% ridurrebbe il gettito aggiuntivo del 38% circa. L'aumento di gettito non sarebbe quindi pari a 8,9 miliardi come stimato dal governo ma di 5,5 miliardi di euro.
Aspetto tecnico
Se è vero che l'iva non è un'imposta che pesa sull'export, è altrettanto vero che conseguenze negative potrebbero colpire una parte del commercio con l'estero. L'aliquota intermedia, infatti, applicata su beni e servizi venduti agli stranieri in territorio italiano (il turismo, per esempio), potrebbe avere conseguenze negative sulle vendite.
Scontata poi, la reazione sul mercato interno: l'aumento dell'Iva tende a traslarsi sui prezzi al consumo, generando un effetto depressivo sulla domanda interna.
Quali soluzioni allora, per non far scattare le clausole di salvaguardia?
«Tagliare le spese – continua Arachi – vuol dire ridurre i servizi. Ma gli spazi sono pochi, senza intaccare servizi essenziali. Un'altra strada percorribile potrebbe essere la riduzione delle cosiddette spese fiscali (per esempio deduzioni o detrazioni per oneri nell'Irpef), ma per avere importi di rilievo, bisognerebbe toccare deduzioni molto delicate per le famiglie, pensiamo alla casa o alla salute, difficili da far digerire agli elettori».
Se si esclude l'aumento dell'IVA e il taglio dei costi appare improbabile, la soluzione è solo in Europa?
«La soluzione potrebbe essere in nuovi spazi di deficit – conclude Arachi -. L'Italia, sulle regole di bilancio è stata molto più disciplinata di altri Paesi e potrebbe aspirare a una maggiore flessibilità».
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