Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha negato l’autorizzazione alla nave Aquarius, con 629 migranti a bordo, di approdare in un porto italiano e ha chiesto alle autorità di Malta di accogliere l’imbarcazione in quanto quello della Valletta è «porto più sicuro». In base a quale regole il Viminale, in accordo con il ministero delle Infrastrutture, ha potuto prendere questa decisione?
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (approvata nel 1982 e ratificata dall’Italia nel 1994) stabilisce all’articolo 19 che il passaggio di una nave nelle acque territoriali di uno Stato è permesso «fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero». Il comma 2 precisa: tra le attività che potrebbero portare a considerare il passaggio non inoffensivo c’è anche «il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero».
Quindi se c’è il sospetto che la nave possa violare le leggi sull’immigrazione italiane, il diritto internazionale permette alle autorità italiane di impedire l’accesso della nave nelle acque territoriali. Inoltre, come ricostruisce un dossier dell’agenzia Agi, il Codice della navigazione stabilisce (all’articolo 83) che il ministero dei Trasporti possa vietare, «per motivi di ordine pubblico, il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale».
Ci sono poi le regole europee sulla gestione di migranti in mare. A febbraio è scaduta la missione Triton, sostituita dall’operazione Themis: la novità principale è il venire meno della clausola che obbligava di fatto qualunque imbarcazione a portare i naufraghi soccorsi in Italia. Con Themis gli interventi di salvataggio potranno trasportare i migranti in un porto greco, libico, spagnolo o proprio a Malta, l’isola che finora ha sempre limitato al massimo gli sbarchi nei suoi porti: in questo modo verrebbe applicata la legge del mare stabilita dalla convenzione di Amburgo in base alla quale i naufraghi debbono essere portati nel porto più vicino al punto di soccorso.
Con l’operazione Triton, spiegò il direttore esecutivo di Frontex, Fabrice Leggeri «era stato chiaramente scritto che tutti gli sbarchi» dei migranti soccorsi «sarebbero dovuti avvenire in Italia. Con Themis torniamo al fatto che sono i Centri di coordinamento di soccorso marittimo (Mrcc) che devono decidere dove farlo. Quindi non sarà più nel 100% dei casi in Italia».
In base alla Convenzione di Amburgo tutti gli stati costieri del Mediterraneo sono tenuti a mantenere un servizio di Sar (programma di assistenza e salvataggio ) e le Sar dei vari stati devono coordinarsi tra di loro. Il Mar Mediterraneo è stato suddiviso tra i Paesi costieri nel corso della Conferenza Imo (International maritime organization) di Valencia del 1997. Secondo questa ripartizione, l’area di responsabilità italiana rappresenta circa un quinto dell’intero Mediterraneo; il governo maltese, responsabile di una zona
vastissima, si è avvalso sinora della cooperazione dell’Italia per il pattugliamento della propria zona di responsabilità.
Nella prassi il centro di coordinamento regionale Sar maltese non risponde alle imbarcazioni che la contattano né interviene quando interpellato dal Centro di coordinamento regionale Sar italiana. La mancata risposta dell’autorità maltese, tuttavia, non esime la singola imbarcazione che ha avvistato il natante in panne dall'intervenire: a seguito della mancata risposta (o risposta negativa) della Sar maltese, l’imbarcazione chiederà l’intervento della Sar italiana che coordinerà l'intervento. Quindi, in caso di soccorso di migranti in mare, da parte di Ong o navi mercantili, e dopo aver attivato l’intervento della nostra Guardia Costiera bisogna stabilire il “place of safety”, il cosiddetto luogo sicuro. Per l’Italia, il “place of safety” è determinato dall’Autorità Sar in coordinamento con il ministero dell’Interno.
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