Matteo Salvini resta in campagna elettorale. Il raduno di Pontida altro non è stato che l'occasione per indicare il nuovo obiettivo: la vittoria dei populisti e quindi anche e soprattutto della lega, alle prossime europee del 2019.
Un'alleanza, quella tra i populisti europei, a dir poco paradossale, visto che il nostro ministro dell'Interno dichiara di volersi unire a chi -anche nell'ultimo vertice a Bruxelles - ha detto chiaro e tondo che a farsi carico dell'emergenza immigrazione devono essere sempre e solo i cosiddetti paesi di primo approdo. Anzi, addirittura vogliono rispedire indietro, in Italia piuttosto che in Grecia o Spagna, quei profughi ai quali è stato negato il visto e che si aggiungerebbero ai 600mila già presenti nel nostro Paese, che proprio Salvini prima delle elezioni aveva promesso di voler rimpatriare.
Il leader leghista però non sembra preoccuparsene. E i numeri, almeno quelli dei sondaggi per ora gli danno ragione, visto che ormai tutti gli istituti accreditano la Lega come primo partito. Semmai a preoccuparsi devono essere i suoi alleati. E più di quelli del centrodestra, ormai rassegnati ad essere cannibalizzati, i 5 Stelle. Gli altolà di Roberto Fico e Vincenzo Spadafora su immigrati e diritti è un segnale che va oltre l'insofferenza e che si somma alle tensioni già emerse sul decreto dignità di cui Di Maio è stato obbligato a rivederne il Testo subendone il rinvio. Una situazione che, in autunno, in occasione del confronto sulla legge di bilancio rischia di deflagrare. Salvini lo ha già messo in conto. Ma tira dritto. Anche perché un' eventuale crisi di governo non lo spaventa. Governeremo per i prossimi 30 anni ha detto ieri. Con chi, se con il m5s o gli eredi di Berlusconi , per il leader della Lega conta poco.
© Riproduzione riservata