«Se per far stare meglio la nostra gente bisognerà ignorare uno zero virgola imposto da Bruxelles, ebbene, per me quello zero virgola vale meno di zero». Europa, migranti, Fornero, famiglia. Le tradizionali parole d’ordine ma anche la difesa dell’antimafia «dei Falcone e dei Borsellino». «È un’emozione indescrivibile», grida Salvini nel’intervento conclusivo poco dopo l’una a Pontida, acclamato dal popolo leghista sull’onda pucciniana di “All’Alba vincerò”.
Per la prima volta sul pratone nel triplice ruolo di segretario, vicepremier e ministro, Salvini esordisce con il poeta Rondoni: «Amare è l’occupazione di chi non ha paura, lasciamo che siano altri a odiare». Ma è solo un preludio. La linea dura sui migranti non arretra di un millimetro: «I porti resteranno chiusi, porte aperte solo a chi fugge dalla guerra». Sulle pensioni rinnova l’impegno a cancellare la Fornero «legge ingiusta, disumana e profondamente sbagliata». E sulla famiglia difende «i bimbi che hanno il diritto di avere una mamma e un papà e le donne che non sono uteri in affitto». Infine il doppio ruolo: «Come ministro sono a disposizione di 60 milioni di italiani e di tutti i sindaci senza distinzione di colore, ma non toglietemi l’orgoglio di essere segretario di questa meravigliosa Lega».
Una Lega da esportare a livello internazionale: «Penso a una Lega delle leghe che metta insieme tutti i movimenti liberi, sovrani». E una Lega che si candida a governare a lungo, molto a lungo: «Si rassegnino i compagni: l'Italia che noi governeremo per i prossimi 30 anni è una Italia che non ha paura di niente e nessuno». Il leader leghista non si è fatto mancare neppure una citazione di Adriano Olivetti, rilanciata anche via Twitter.
#Salvini: Penso ad Adriano Olivetti, che ai suoi tempi era considerato un visionario, la cui idea di impresa e comu… https://twitter.com/i/web/status/1013391162126798848
– Matteo Salvini(matteosalvinimi)
Referendum tra Europa delle elite e popolo
Già prima, mentre si alternavano sul palco ministri leghisti, parlamentari, presidenti di regione, sindaci, Salvini aveva rubato la scena, parlando con giornalisti e militanti. Delle prossime europee, «referendum fra l'Europa delle élite, delle banche, della finanza, dell'immigrazione e del precariato, e l'Europa dei popoli e del lavoro». Ma anche di Centro-destra, sottolineando la solidità delle alleanze nei Comuni e nelle Regioni, provata anche dal «record storico di governatori del centrodestra e della Lega intervenuti sul palco».
Lega di governo e di lotta
«Questa volta è la Lega l’azionista di maggioranza del governo», grida Riccardo Molinari, capogruppo leghista a Montecitorio, tra i primi a salire sul palco di Pontida alla testa dei suoi «123 deputati» (erano 22 prima del voto). Lo ribadisce il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti: «La Lega è già stata al governo. Allora eravamo un partito di opposizione agli altri partiti ma oggi la sfida è molto più difficile perché noi in Italia di partiti all'opposizione non ne abbiamo. L'opposizione sono altri poteri». A Pontida quest’anno ci sono entrambe, la Lega di governo e quella di lotta, plasticamente fotografate dalle bandiere blu, come la maglietta di Matteo Salvini, e verdi, come il prato che un tempo fu sinonimo di secessione. Parco enorme su cui campeggia lo slogan più moderato di sempre, “Il buonsenso al governo”, anche se insieme a “Prima gli italiani”. Duecento autobus da tutta Italia, 300 volontari, gazebo, le immancabili salamelle. La secessione è confinata nello striscione in fondo al prato.
L’autonomia e i governatori
Il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, s’incarica di rivitalizzare l’autonomia in versione debitamente aggiornata. «Autonomia di tutti, dal Piemonte alla Sicilia», urla. Anche lui alla testa del drappello dei Senatori (per la cronaca: 58 a Palazzo Madama, contro i 17 della precedente legislatura). E a propostito di Sicilia arriva «per la prima volta su questo palco», il governatore Nello Musumeci, a testimonianza che regioni e Comuni riuniscono ciò che il governo ha diviso, ovvero l’alleanza con Berlusconi. Alleanza rappresentata fisicamente, come lo scorso anno, anche da Giovanni Toti, il presidente della Liguria ed esponente dell’ala Fi più vicina al Carroccio. Che ai giornalisti sotto il palco assicura: «Fi fagocitata dall Lega? Serve un cambiamento profondo ma il leader resta Berlusconi». Si torna al Dna leghista più puro con il “Doge della Serenissima”, il governatore veneto Luca Zaia, che appena sul palco da «l’ordine di aprire il gonfalone». Parole d’ordine, il referendum autonomista veneto, il lavoro e, ovviamente, i migranti.
Vecchia guardia e new entry
Per la prima volta assenti Umberto Bossi e Roberto Maroni, unico superstite della vecchia guardia (sul palco come al tavolo del “contratto con il M5S) è Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato. Che rivendica il passato di ministro: «Ma oggi faccio il cane pastore del gruppo al Senato». Distanza politicamente siderale con la neoministra della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, che gli succede sul palco . Captatio benevolentiae sul «calore» della platea verso di lei che è palermitana, difesa di Salvini «che non è razzista», approccio concreto da avvocato e ministro su burocrazia e statali. Il passato finiano non raffredda l’applauso di Pontida.
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