Articolo tratto da www.lavoce.info
Dopo mesi di relativo silenzio, è riesplosa la mai sopita polemica sulla realizzazione del gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline). Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, e la ministra per il Sud, Barbara Lezzi, hanno dato vita – durante una conferenza
stampa che verteva su tutt'altra questione – a uno scambio di velenose battute assai poco commendevoli. Per riprendere i fili
della discussione e ragionare sulle possibili evoluzioni è necessario ricostruire i punti salienti del dibattito e del progetto.
Cos’è il Tap e perché è rilevante
Il Tap fa parte del Corridoio meridionale del gas (Southern Gas Corridor o Sgc). Si tratta di un insieme di progetti di infrastrutture
parzialmente finanziati dall'UE e destinati a incrementare la diversificazione delle fonti e la sicurezza degli approvvigionamenti,
grazie al trasporto di nuovo gas naturale, proveniente dall'Asia centrale. È dunque un pezzo, quello finale, di un progetto
più ampio: un gasdotto lungo complessivamente quasi 4 mila chilometri, di cui il tracciato Tap in senso stretto copre 878
chilometri (550 chilometri in Grecia; 215 chilometri in Albania; 105 chilometri nell'Adriatico e 8 chilometri in Italia).
Il Corridoio meridionale del gas è fra i sistemi di gasdotti più complessi mai realizzati al mondo. Attraversa sette paesi
coinvolgendo una decina fra le principali società del settore. Attiva progetti energetici per un investimento complessivo
di oltre 50 miliardi di dollari, che comprendono lo sviluppo del giacimento di Shah Deniz sul Mar Caspio e la creazione di
tre reti di gasdotti: il South Caucasus Pipeline (Azerbaijan, Georgia, Turchia), il Trans Anatolian Pipeline (Turchia) e appunto
il Trans Adriatic Pipeline (Grecia, Albania, Italia).
Questa breve premessa serve a rimarcare il carattere strategico internazionale di un'infrastruttura che va molto oltre le
piccole scaramucce della nostra politica.
I problemi aperti
Uno dei problemi del Tap – e del nostro dibattito domestico – è l'errata percezione (ovvero la sottovalutazione) della rilevanza
del tema nello scacchiere internazionale. A noi pare di avere tutte le carte del mazzo per poter decidere la soluzione che
più ci piace, ma in realtà la situazione è molto più complessa e richiederebbe maggiore attenzione.
La figura 1 riporta qualche dato che riguarda l'Italia, il gas naturale e il rapporto con la Russia: a una produzione domestica di gas naturale in declino – elemento peraltro in comune con il resto dell'UE – fanno da contraltare importazioni che continuano a crescere e fra queste quelle russe rivestono particolare importanza (figura 2).
Giova ricordare che gran parte degli analisti politici più accreditati considera il gas naturale un'arma strategica molto
rilevante nelle mani della diplomazia russa. Gli Stati Uniti non vedono sempre di buon occhio questa situazione, ma le ragioni
per cui si verifica sono sostanzialmente due: a) il prezzo che la Russia riesce a proporre ai paesi europei non ha oggi alcuna
alternativa possibile e competitiva e b) non ci sono tante infrastrutture fisiche in grado di allentare la dipendenza europea
dal gas russo.
Per diverse ragioni – tra cui il controllo oligopolistico della Russia – il prezzo europeo è superiore a quello americano,
ma la differenza non è sufficiente per permettere agli Stati Uniti di sbarcare in modo significativo nel Vecchio Continente
esercitando una possibile competizione con il gas di Mosca.
La seconda questione – ed è per questo che il Southern Gas Corridor è importante – riguarda proprio la disponibilità di infrastrutture
(gasdotti) per portare in Europa gas non russo. E l'amministrazione americana, che attraverso il gas naturale gioca una partita
fondamentale, ha già fatto sapere a più riprese che il progetto resta cruciale per alleggerire la morsa russa e che non vedrebbe
assolutamente di buon occhio ogni tentativo italiano di lasciar perdere il progetto, ammesso sempre che qualcuno voglia seriamente
prendere in considerazione una simile ipotesi.
La prima parte del corridoio è operativa ed entro il 2018 si completerà il tratto turco di oltre 1.800 chilometri da est verso
ovest. Il Tap – il cui esordio è ancora da definire ma che probabilmente sarà intorno al 2020 – ha una capacità di trasporto
di 10 miliardi, espandibili a 20. Se dovessimo prendere come unico riferimento i consumi nazionali (circa 75 miliardi, dati
provvisori) si comprende che l'immissione delle nuove e addizionali quantità potrebbe squilibrare il mercato interno. Ma la
rete dei gasdotti è sufficientemente articolata da permettere un nuovo assetto e – si spera – una riduzione a medio termine
del prezzo del gas.
Sono state fatte anche stime – soggette a importanti variazioni – del costo del ritiro dell'impegno nazionale rispetto al
gasdotto: tra i 40 e i 70 miliardi di euro, secondo quelle della Socar (ente energetico azero) e della Bp, entrambe partner
della cordata che sta realizzando il Sgc. Il governo deve quindi fronteggiare un compito assai complesso: ascoltare le popolazioni
locali molto preoccupate per la realizzazione del Tap, evitando violenze e in generale l'effetto tifoseria da stadio che accompagna
la realizzazione di qualunque opera pubblica.
Il costante monitoraggio e la comunicazione trasparente dovrebbero essere pienamente assicurati. È altrettanto ovvio che se il governatore Emiliano – seppure scusandosi in un secondo momento –afferma che «il cantiere del Tap sembra Auschwitz», la speranza di un ragionamento basato sui fatti e sul buon senso pare ridotta al lumicino.
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