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Rai, ecco cosa può fare Foa in Cda senza l’ok della Vigilanza

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viale mazzini

Rai, ecco cosa può fare Foa in Cda senza l’ok della Vigilanza

«Continuerò, nel pieno rispetto di leggi e regolamenti, a coordinare i lavori del cda come consigliere anziano». Le parole di Marcello Foa, consigliere Rai ma non presidente per mancato volere della commissione di Vigilanza, riflettono plasticamente lo stallo politico con cui sta facendo i conti l’azienda di viale Mazzini. Uno stallo che, a quanto pare, potrebbe non essere anche tecnico. Almeno questa è la posizione che, a quanto appreso, prevale al momento all’interno del Cda riunitosi in mattinata. L’idea più accreditata sarebbe che il board è da considerarsi nella completezza delle sue funzioni. E che quindi, in base a quanto previsto dalle normative, si potrebbe andare avanti nel lavoro. Questo anche senza un presidente ratificato dalla Vigilanza.

La variabile tempo
Non tutti nel Cda erano d’accordo. Sicuramente non lo era il consigliere in quota Pd Rita Borioni. In queste ore però si stanno comunque rincorrendo gli interrogativi legati all’eventuale perdurare di una situazione che, in attesa di un’indicazione del Mef, l’azionista di maggioranza, potrebbe anche andare avanti a lungo, soprattutto se non maturassero nuove intese politiche sulla vicenda. È proprio il tempo la variabile più discussa: quanto può andare avanti una situazione con un presidente senza l’ok dei due terzi della Vigilanza il cui parere, secondo quanto previsto dalla legge di riforma della Rai del 2015, è vincolante?

Spazio di manovra limitato
Lo statuto della tv pubblica al punto 22.3 prevede che il consigliere anziano, in mancanza di un vicepresidente che però per essere eletto avrebbe bisogno di un presidente ratificato, possa esercitare le «funzioni e i poteri del presidente». Il Testo unico su cui è intervenuta la legge di riforma sottolinea però anche chiaramente che «per quanto non sia diversamente previsto dal presente Testo Unico la Rai Spa è assoggettata alla disciplina delle società per azioni».
Il che farebbe pensare che non ci sarebbe da tirare la corda senza quindi provare ad arrivare nuovamente all'indicazione di un presidente. Ma, almeno stando al combinato di Statuto Rai e legge di riforma, sul piano strettamente giuridico la situazione potrebbe protrarsi anche oltre l'emergenza, in quanto Foa ha comunque, oltre al potere di convocazione del consiglio, anche quelli di rappresentanza, secondo quanto chiarisce anche l'articolo 27 dello Statuto.

Reggenza senza deleghe
Certo va detto, e questo è il punto non trascurabile, che si tratterebbe comunque di una reggenza senza deleghe per il consigliere anziano, quindi con poteri da questo punto di vista limitati rispetto a quelli di un Presidente in carica. Infatti, l'articolo 26 dello statuto chiarisce che, in questo caso, le deleghe rimangono tutte nelle mani dell'Ad, che potrebbe decidere di esercitarle, spingendosi nel proporre incarichi sui quali il Consiglio sarebbe chiamato a deliberare. Facile però profetizzare che si tratterebbe in questo caso di decisioni che potrebbero essere facilmente impugnate, soprattutto perché si tratterebbe di decisioni prese in una situazione che non ha precedenti nella storia della Rai.

I poteri dell’amministratore delegato
Quest'ultimo tema diventa di particolare importanza sul discorso delle nomine dei direttori di Tg o di canale. Ma da questo punto di vista la legge di riforma della Rai dà potere all'ad. L'amministratore delegato, infatti, può nominare i «direttori delle reti televisive, dei canali e delle testate» giornalistiche, oltre ai dirigenti di prima fascia. Sui candidati alle reti e ai canali tv, l'ad dovrà sentire il cda che però non potrà bocciare le sue scelte. Sui candidati alle testate (come il Tg1, il Tg2 e le altre) il Cda potrà respingere i nomi proposte dell'ad. Ma dovrà disporre di una maggioranza dei due terzi dei voti. Serviranno cioè almeno 5 voti in questo cda di 7 componenti.

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