È stato solo un giro d’orizzonte prima della pausa estiva, ma al vertice di questa mattina a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte, i due vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini, e ancora il titolare del Mef Giovanni Tria, i ministri degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, degli Affari Ue Paolo Savona e della Difesa Elisabetta Trenta, oltre al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gian Carlo Giorgetti, si è entrati nel vivo del dossier più caldo che attende il governo alla ripresa, e cioè quale forma dare alla prossima manovra nei confini consentiti dallo situazione dei conti pubblici. Operazione non semplice, con sullo sfondo i mercati in minacciosa attesa.
«Oggi - ha dichiarato Conte al termine dell’incontro, durato un paio di ore - abbiamo deciso la programmazione economico-finanziaria che presenteremo nel prossimo mese di settembre. Abbiamo operato una ricognizione dei vari progetti di riforma che consentiranno all'Italia di avviare un più robusto e stabile processo di crescita. Abbiamo esaminato i mutamenti del quadro macro-economico e le condizioni del bilancio a legislazione invariata».
Soddisfatto dell’incontro anche il ministro Tria, che in una nota sottolinea come il quadro programmatico al centro della riunione conferma «la compatibilità tra gli obiettivi di bilancio già illustrati in Parlamento e l'avvio delle riforme contenute nel programma di governo in tema di flat tax e reddito di cittadinanza».
Le due forze politiche di maggioranza continuano a mostrare tutta l’intenzione di portare a casa, ciascuno per proprio conto, i temi-simbolo della campagna elettorale, reddito di cittadinanza da una parte e flat tax dall’altro. Al di là del problema (non indifferente) dei costi la convinzione sottostante di entrambi è che si tratti di misure capaci di dare una spinta all’economia italiana. Sulla prima si registra nelle ultime ore una sostenuta accelerazione in casa Cinque Stelle (in Senato dovrebbe arrivare una proposta con l’obiettivo di rendere operativo il nuovo strumento già da gennaio) ed è certo che la Lega di Matteo Salvini spingerà forte sulla sua tassa piatta (flat tax), declinata in che forma ancora non è chiaro. Si vocifera di partire inizialmente dai commercianti, innalzando la soglia di fatturato per il forfait già previsto al 15%.
GUARDA IL VIDEO / L'Ue chiede la manovra nel 2018, Tria la esclude
«La manovra - ha detto stamane Salvini a Sky TG24 - non conterrà subito tutte le misure previste, ma ci saranno i primi passi in direzione della flat tax e di una riforma radicale del sistema previdenziale».
Il nodo è quello di raggiungere in tempi ragionevoli un punto di equilibrio tra gli appetiti dei partiti e i limiti imposti dagli accordi europei, tenendo nel dovuto conto gli ultimi dati della crescita effettiva e dell'occupazione che mostrano alcune crepe. Naturalmente determinante sarà capire nel negoziato con Bruxelles il limite di azione concesso all’Italia dal quale dipenderà in larga parte la disponibilità del “guardiano dei conti” a concedere spazio alle richieste dei partiti.
La base di partenza, prima di mettere mano a riforma fiscale, reddito di cittadinanza, pensioni, sanità o rinnovi del contratto del pubblico impiego, è una partita da 22 miliardi di euro divisi fra Iva (12,4 miliardi), spese obbligatorie (almeno 3,5), spesa aggiuntiva per interessi (4 miliardi) e ricadute sul deficit della minore crescita (2,5 miliardi). Si tratta di 1,2 punti di Pil, che senza contromisure potrebbero quindi il deficit 2019 al 2 per cento.
C’è poi da tenere in considerazione la variabile spread, il cui aumento pesa sul costo di finanziamento del debito italiano. Oggi siamo intorno ai 260 punti, più del doppio di fine marzo, e i calcoli ufficiali pesano il costo di 100 punti di rendimento fra i 3,6 e i 4,5 (Upb) miliardi di spesa aggiuntiva a seconda di come si distribuiscono sulla curva dei tassi.
© Riproduzione riservata