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Dossier | N. 63 articoliGenova, tutto sul crollo del ponte Morandi

Perché l’Unione europea non c’entra nulla con la tragedia di Genova

Il vicepremier Matteo Salvini è stato abbastanza rapido nell’individuare uno dei responsabili della tragedia di Genova: l’Unione europea. Prima di attaccare i vertici di Autostrade per l’Italia, l’azienda concessionaria del tratto collassato ieri, il vicepremier ha accusato via tweet i «vincoli europei che ci impediscono di spendere soldi per mettere in sicurezza le scuole dove vanno i nostri figli o le autostrade su cui cui viaggiano i nostri lavoratori». Tradotto: le regole di bilancio imposte da Bruxelles agli stati membri sarebbero una delle cause che hanno impedito di manutenere il viadotto crollato sulla A10, trascinando con sé almeno 39 vittime.

Il punto è che né l’Unione europea né i cosiddetti «vincoli di spesa» hanno alcun legame con la gestione nazionale dei ponti (e le sue negligenze). Anzi, Bruxelles ha alzato la voce sull’incremento del budget per i collegamenti e sullo stato di salute delle infrastrutture italiane.

I 500 miliardi del piano Juncker e le raccomandazioni ai governi
In effetti il pressing dell’Europa si è fatto sentire, semmai, proprio per il rinnovamento delle infrastrutture e la mobilitazione di investimenti pubblici e privati nel settore. Il piano di investimenti per l’Europa, il cosiddetto Piano Juncker, è stato lanciato nel 2014 dalla Commissione europea con l’obiettivo di smuovere 315 miliardi di euro in finanziamenti privati nel 2015-2017 attraverso la garanzia del Fondo europeo per gli investimenti strategici.

Il programma, stando ai dati forniti dalla Commissione europea, è andato oltre le aspettative, con l’attesa di almeno 335 miliardi di euro mobilitati al 2018 e l’estensione del piano fino al 2020 (con un target di 500 miliardi di euro). Le infrastrutture stradali non sono l’unico segmento a beneficiare delle risorse, ma i progetti finanziati finora avranno ricadute - in positivo - su un totale di 95 milioni di viaggiatori su scala Ue.

Le “ingerenze” delle istituzioni comunitarie si sono tradotte anche nel monito ai vari esecutivi per spese più mirate e una maggiore trasparenza nella gestione delle autostrade. Nelle raccomandazioni del Consiglio europeo di maggio 2018, arrivate pochi giorni prima dell’insediamento del governo gialloverde, Bruxelles sottolinea l’importanza di «stimolare ricerca, innovazione, skills digitali e infrastrutture attraverso investimenti mirati». Nel maggio 2017, poco più di un anno fa, la Commissione ha denunciato l’Italia alla Corte di giustizia Ue per aver violato le leggi europee sulla concorrenza, rinnovando le concessioni sulle autostrade senza passare per una gara pubblica. Il caso in questione si riferiva al contratto dell’A12, il tratto che salda Civitavecchia e Livorno, rinnovato alla Società autostrada tirrenica (Sat) per 18 anni senza l’indizione di gare d'appalto. Una gestione domestica delle procedure che ha violato una direttiva risalente al 2004 e relativa all’assegnazione dei contratti pubblici.

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