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Dossier | N. 63 articoliGenova, tutto sul crollo del ponte Morandi

Ponte Morandi, la Procura: «Nessuna fatalità, errore umano»

I quattro amici napoletani diretti a Barcellona; l'autista rumeno, che stava tornando a casa; il camionista napoletano, che voleva passare il Ferragosto in famiglia, dopo aver consegnato frutta; un'intera famiglia di Pinerolo, partita per le vacanze. Riemergono, insieme alle lamiere accartocciate e alla macerie sbriciolate, le storie delle vittime del ponte sul Polcevera. Ancora altri morti. E ancora altri nomi mancano all'appello. E ventiquattr'ore dopo il disastro, uno solo forse è il punto fermo: «Non è stata una fatalità. Per questa che è la peggiore sciagura di Genova, la responsabilità non è della cattiva sorte, ma della mano dell'uomo».

Parte da qui, da questa consapevolezza acquisita con i primi elementi, l'inchiesta per disastro e omicidio colposo plurimo. «Un binomio che abbiamo sperimentato purtroppo molte altre volte», rievoca il procuratore Francesco Cozzi, che ha voluto personalmente andare nell'area tra il torrente, le case, le industrie e l'Ikea dove ancora i vigili del fuoco scavano tra le macerie. Di fulmini, come causa del crollo non vuole sentir parlare. Lui, di sciagure, si è dovuto occupare molto spesso in quest'ufficio giudiziario, tra alluvioni, terremoti o casi come l'abbattimento della torre dei piloti cinque anni fa. Ma «questa è la tragedia peggiore», ammette Cozzi.

Una tragedia, che affonda le sue origini nella storia del ponte Morandi e da qui partono le prime fasi dell'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo D'Ovidio, con cui già nel giorno di Ferragosto concordano le linee di lavoro.
«Dobbiamo capire il perché di questo crollo proprio ora, quale è stata la causa scatenante. Dichiarazioni e fonti esterne ci permettono di stabilire che si è trattato di una condotta umana». Prima di tutto, sarà acquisita tutta la documentazioni sulla manutenzione, quella in corso proprio ora, visto che c'erano dei carroponte sia sopra che sotto il ponte; e quella strutturale che Autostrade aveva appena pianificato, con un nuovo bando. Poi a ritroso, sarà ricostruita tutta la storia dell'opera, dalla progettazione, all'esecuzione dei lavori, alla conservazione soprattutto delle parti più sottoposte ad usura, per «la mole sempre crescente di traffico, per numero e per peso», nota il procuratore.

L’elicottero continua a fare ad atterrare e alzarsi in volo, per percorrere il breve tragitto tra le macerie del ponte e il Policlinico San Martino. Il più delle volte, porta con sé corpi senza vita. E davanti a persone che ancora mancano all'appello, la priorità è ovviamente nei soccorsi. Poi anche quei pezzi di cemento diventeranno corpo di reato. Contemporaneamente, per mettere a punto la cronistoria del ponte sarà ascoltato chi «già nel 2012 prevedeva che sarebbe crollato, per capire se era solo polemica politica, o si riferiva a fatti concreti», spiegano gli inquirenti e chiunque in vario modo in questi anni si era preoccupato della stabilità del ponte.

Tema che fu al centro anche di una seduta specifica della Commissione Infrastrutture del Comune di Genova, lo scorso 18 luglio. Fu convocata per le proteste dei residenti di via Walter Fillak e via Porro, per il rumore per i lavori notturni, ma si formularono anche domande precise sulla sicurezza dell'infrastrutture. Sott'accusa soprattutto i materiali, l'usura del cemento e la sostituzione dei tiranti.

Ascolta la seduta dello scorso 18 luglio

Alle macerie del ponte, si aggiungeranno presto però ancora altre macerie. Quelle delle case che per cinquant'anni hanno convissuto con l'ombra del Morandi sulle loro teste e che ora «quasi sicuramente saranno abbattute», ammette il sindaco, Michele Bucci. Si dovranno demolire piloni e resti del ponte e quei palazzi, evacuati per il timore di nuovi crolli, quasi sicuramente non si riusciranno a salvare. Questo significa per i 664 sfollati di quest'area popolare e industriale della città, abitata soprattutto da anziani e equadoregni, non tornare più nelle loro abitazioni. Dolore su dolore. Emergenza sull’emergenza.

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