Nate con fondi pubblici, privatizzate in un secondo tempo, tornate a gestione statale, nuovamente aperte ai capitali privati. È tortuoso il percorso compiuto dal settore autostradale in Europa e fotografato dal laboratorio di Politica dei Trasporti del Politecnico di Milano. Dalla nascita delle prime grandi infrastrutture, nel primo decennio del ‘900, ad oggi, infatti, le scelte dei Paesi dell'Unione sono state molto diverse. Da un'impostazione quasi interamente pubblica della Germania, si passa a un percorso interamente privato seguito dalla Spagna, accompagnato altrove da sistemi misti, dove pubblico e privato si inseguono, si alternano, convivono.
La Spagna
Nascono tra gli anni '60 e '70 le prime tratte autostradali spagnole. Lo Stato garantisce i prestiti, ma la realizzazione
avviene per opera di concessionari privati, selezionati attraverso una procedura competitiva. La remunerazione degli investimenti,
per contratto, deve avvenire tramite pedaggi. La bancarotta di diversi gestori, che segue la profonda crisi di fine anni '70,
costringe lo Stato a nazionalizzare tre società, che nel 2003 vengono nuovamente privatizzate. Negli ultimi vent'anni le strade
a pedaggio si sono alternate a strade ad accesso libero, e a fine 2012 il pagamento del pedaggio risulta previsto soltanto
nel 20% della rete. Su alcune tratte specifiche è possibile applicare tariffe di cogestione. I pedaggi vengono definiti dal
ministero dei Lavori pubblici.
La Germania
Risale al primo decennio del ’900 la costruzione della rete autostradale tedesca. Una struttura dall'estensione di 13mila
chilometri, interamente realizzata con soldi pubblici. Per il finanziamento delle infrastrutture, dal 2004, viene istituita
un'Agenzia, VIFG, le cui risorse però non arrivano più dallo Stato ma dagli utenti. Il pedaggio viene conteggiato attraverso
un sistema satellitare che rileva i veicoli con massa a pieno carico superiore alle 12 tonnellate e dipende dal percorso,
dal numero di assi e dalla classe di emissione. Dal 1994 gli investitori privati possono costruire e gestire tratte specifiche
di infrastrutture (ponti, tunnel), la cui remunerazione avviene attraverso il pedaggio, ma il sistema è poco utilizzato. I
privati possono anche partecipare ai lavori di espansione della rete esistente, che passa da 4 a 6 corsie, dove il 50% del
finanziamento è pubblico e la parte rimanente arriva attraverso pedaggi o canoni.
La Francia
Nasce da un mix di società statali e miste la rete di autostrade francesi, interamente appaltata - nella costruzione - a società
private. Inizialmente a utilizzo gratuito, negli anni viene inserito un pedaggio indicizzato al tasso di inflazione. Negli
anni '70 quattro consorzi privati ottengono altrettante concessioni, poi revocate a causa del dissesto finanziario di tre
operatori, che costringe il Paese a nazionalizzarle attraverso una nuova agenzia pubblica, ADF, che le divide in tre società
su base geografica. A partire dal 2000, però, una riforma facilita l’ingresso nel settore di capitali privati e nuove regole
mettono sullo stesso piano concessioni pubbliche e private. Nel 2006 le tre concessioni vengono privatizzate attraverso una
gara e altre società private si aggiudicano nuove concessioni.
Il Regno Unito
Inizialmente costruita con capitali pubblici e offerta gratuitamente, la rete autostradale britannica prevede la concessione
privata solo per alcune eccezioni, è il caso di ponti o siti presso gli estuari dei fiumi. L’esperienza positiva convince
però lo Stato ad allargare l’utilizzo di finanziamenti privati e le concessioni iniziano ad essere assegnate all’operatore
che richiede la tariffa minima. Tra il 2013 e il 2014 i progetti a capitale privato sono tredici e nel corso degli anni la
remunerazione degli operatori viene vincolata alla qualità del servizio, il livello di sicurezza e la capacità di gestire
al meglio la circolazione: maggiore è la velocità media dei veicoli, maggiore è il compenso.
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