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Stretta sui migranti, ecco le nuove regole nella bozza del decreto Salvini

Il pacchetto Salvini per l’immigrazione è pronto. La bozza del decreto tra pochi giorni sarà sottoposta alle ultime verifiche. Poi approderà al Consiglio dei ministri, forse già il primo utile a settembre. L’intervento è massiccio: se passa in Parlamento, dove non si escludono ulteriori integrazioni, sarà una rivoluzione. Contestata dalle associazioni umanitarie, lodata dalle forze politiche di centrodestra. Resta da vedere se M5S sottoscriverà tutte le indicazioni normative: nove, al momento, quasi tutte ad alto impatto.

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Una delle novità previste dal ministro dell’Interno è stata anticipata il 17 agosto a Radio24 dal sottosegretario Nicola Molteni. «Con Salvini siamo -85% di sbarchi a giugno e luglio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ora è fondamentale allungare i tempi del trattenimento degli irregolari nei Cpr (centri per i rimpatri, ndr) – sottolinea Molteni - per svolgere tutte le procedure di identificazione necessarie per rimpatriare i migranti. Probabilmente passeremo dagli attuali 90 a 180 giorni». Si raddoppia, dunque, da tre a sei mesi: torna il periodo di detenzione dei migranti irregolari previsto quando al Viminale c’era Roberto Maroni e i centri si chiamavano Cie (centri di identificazione ed espulsione).

La misura è notevole, come sanno gli addetti ai lavori, anche per il cosiddetto effetto deterrenza sui flussi. Nel dossier di Ferragosto, del resto, si ricorda come ai Cpr oggi attivi – Torino, Roma, Bari, Brindisi, Palazzo S. Gervasio (Pz) e Caltanissetta per un totale di 880 posti -, si sommeranno quelli “in fase di attivazione” per altri 400 posti i centri di Macomer (Nu), Modena, Gradisca di Isonzo (Go) e Milano. Ed è probabile che a questa lista si aggiunga qualche altra sede. Lo conferma Molteni: «C’è un piano per incrementare gli attuali centri con altri Cpr e altri “luoghi” per i rimpatri. Da concordare naturalmente con le Regioni e le istituzioni locali».

La collana delle norme previste dalla bozza di decreto rafforza il segnale di contrasto e di deterrenza. Anche se mancano ancora alcuni dettagli, si stabilisce il venir meno dello status di rifugiato in caso di un viaggio nella nazione di provenienza. Si amplia, inoltre, la lista dei reati sufficienti secondo Salvini per poter negare o revocare la protezione internazionale. E si conferma l’indicazione di una stretta sui permessi umanitari: percentuale in maggioranza, se si guardano le statistiche, nel luglio scorso: sono stati il 23% delle decisioni delle commissioni, a fronte del 7% di rifugiati, 3% di “protezione sussidiaria” e 67% di dinieghi.

Il sistema giudicante sulle domande di protezione è gravato poi da tempo da un contenzioso abnorme alimentato, tra l’altro, dai ricorsi reiterati dei migranti, consentiti dalle attuali disposizioni. Ma il pacchetto Salvini vuole eliminare anche la possibilità per un migrante di ripetere l’impugnazione dopo aver svolto fino al completamento l’iter per la prima volta.

A completare il quadro si conferma l’idea di restringere l’accesso ai servizi comunali per i richiedenti asilo: potrebbe venir meno, tra l’altro la carta di identità, sostituita da un analogo documento di riconoscimento e identificazione. Il pacchetto si completa con altre norme: l’istituzione in alcune prefetture di sportelli dedicati alle questioni migranti legate al trattato di Dublino e la previsione di inserire nello Sprar, il sistema di protezione e richiedenti asilo in capo ai Comuni, solo migranti rifugiati o con protezione sussidiaria e non umanitaria. Ma c’è anche la richiesta di proroga di un anno, infine, per la delega a un testo unico sull’asilo. Un provvedimento, quest’ultimo, suscettibile di ulteriori sorprese.

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