È il 1999, la scuola scopre l’autonomia e si perfeziona il doppio canale di reclutamento dei docenti ancora oggi vigente, 50% dei posti disponibili da coprire attraverso concorsi, il restante 50% attingendo da graduatorie, chiamate allora permanenti. Le novità fanno fatica a decollare, e all’inizio del nuovo anno, 2000/2001, molti prof salgono in cattedra ben l’oltre l’inizio delle lezioni. Il 1999 è anche l’anno in cui Luigi Berlinguer prova a introdurre un po’ di merito tra gli insegnanti: il “concorsone” vine osteggiato anche da una parte del sindacato che prima lo aveva appoggiato e così, tra scioperi e proteste, in pieno periodo di iscrizioni, viene ritirato.
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È Mariastella Gelmini, dieci anni più tardi, a rispolverare progetti per valorizzare i docenti, subito però boicottati, e cassati, due anni dopo, da Francesco Profumo. Con la Buona Scuola di Renzi, nel 2015, ci si riprova con 200 milioni: tentativo oggi largamente inattuato nelle scuole e una parte di quei fondi dirottata, a inizio 2018, sugli aumenti stipendiali del nuovo contratto (che vanno indistintamente a tutti).
In 20 anni, come abbiamo provato a sintetizzare nel grafico, ogni suono della prima campanella (quest’anno inzierà Bolzano il 5 settembre) ha coinciso con criticità e problemi, spesso ricorrenti. Tra pochi giorni si assisterà al solito caos di nomine in ritardo, anche per il cambio delle regole sulle supplenze, autocertificazioni vaccinali, plessi fatiscenti, boom di reggenze dei presidi, che supereranno quota 1.700. Disservizi e burocrazia quasi sempre a difesa del sistema, e a discapito di famiglie e studenti.
L’elenco è lungo. Nel 2003, per esempio, Letizia Moratti, affiancata dal sottosegretario, Valentina Aprea, prova a dare una scossa, introducendo l’alternanza scuola-lavoro, specie nei tecnici e professionali, e puntando sulle famose tre “i”, inglese, impresa, informatica. La risposta non si fa attendere, con proteste e levate di scudi sindacali. L’idea di una scuola “senza valorizzazione e valutazione” esplode nel 2004: complici commissioni d’esame composte unicamente da membri interni, la maturità di quell’anno vede assegnare agli studenti voti molto generosi.
A essere “di manica larga”, ed è un’altra polemica ricorrente, è il boom dei “100 e lode” al Sud; giudizi puntualmente “corretti al ribasso” dalle prove oggettive (test Ocse-Pisa e Invalsi), come ricordato anche su questo giornale dall’esperto di education, Giorgio Allulli.
Se un anno il problema è il personale tecnico-amministrativo cronicamente carente (in mezz’Italia mancano Ata per tenere aperti i laboratori) o le classi sovraffollate o il tetto del 30% di alunni stranieri, l’anno successivo ci si mette il dibattito sull’obbligo scolastico. Siamo nel 2007, e Beppe Fioroni, per disfare le scelte del precedente governo, fissa il paletto a 16 anni (Valeria Fedeli, lo scorso anno, propone di elevarlo a 18, rivedendo i cicli). Sempre nel 2006 tornano le commissioni miste negli esami di Stato, e l’anno successivo le graduatorie dei precari da permanenti diventano a esaurimento. Un mero cambio di nome, visto che, tra sentenze e sanatorie, le Gae sono ancora vive e vegete, sancendo, di fatto, l’impossibilità per i giovani laureati di conquistare una cattedra. E infatti l’età media dei nostri prof è di 51,2 anni, al top nell’Ue.
Con Mariastella Gelmini, nel 2008, c’è la riforma delle superiori, il debutto degli Its e il taglio di 87mila cattedre. La reazione? Sciopero generale, il 31 ottobre 2008, a ridosso del nuovo anno. Nel 2012 è la proposta di Francesco Profumo di portare da 18 a 24 ore l’orario di lezione dei docenti a scatenare polemiche e proteste alla ripresa delle lezioni; nel 2016, con il “liberi tutti” sulla mobilità, i ragazzi trovano, a settembre, le cattedre vuote, in alcuni casi fino a dicembre, visto che cambiano istituto oltre 200mila docenti (un quarto dell’intero corpo insegnante). Nel 2017 viene svelato il numero di posti vuoti al Nord: 22.087, matematica, italiano, lingue e sostegno, coperti da supplenti annuali. Tra pochi giorni, con l’avvio del 2018/2019, protesteranno le maestre. Mentre è già in cantiere l’ennesimo restyling della maturità, annunciato dal neo titolare del Miur, Marco Bussetti, per assegnare meno peso all’alternanza. Con buona pace di un mondo del lavoro che corre verso il 4.0, e una scuola che, invece, continua ad arroccarsi.
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