«C’è tanta gente che vuole costruire l'alternativa anche manifestando la propria presenza, la propria disponibilità. Lo faremo assieme a migliaia di persone perché questo é anche il tempo di chiamare a raccolta tutte queste energie». Così con le parole di Maurizio Martina, il partito rompe gli indugi chiamando a raccolta la propria gente in piazza. Data prevista il 29 settembre. Ma il Pd da solo non basta, dobbiamo lanciare messaggi di disponibilità a una condivisione del lavoro nel campo progressista più largo, mobilitare energie sociali».
L’elenco dei crucci in casa democratica è lungo, la strada verso la ricostruzione non agevole. «Abbiamo bisogno di discutere il progetto, di riorganizzarlo. Non si parte dalla coda, ma dalla testa. Il tema fondamentale sono le idee cruciali del Pd. E poi custodirei l'esperienza che abbiamo fatto, rilanciandola, cambiandola. Abbiamo un patrimonio straordinario di esperienze da rimettere al servizio del Paese». Martina parla coi cronisti a Cortona, nell'ambito della tre giorni della corrente AreaDem di cui è leader Dario Franceschini. E sull'ipotesi di cambiare nome al Pd, vagheggiata da Nicola Zingaretti all’interno di un ragionamento più complessivo sul rilancio della sinistra («non lo escludo, ma solo alla conclusione di un percorso in cui vedremo cosa siamo diventati. Se questo percorso porterà a una identità diversa, vedremo anche se sarà da cambiare il nome al Pd») è il segretario a frenare qui deciso. «L'esperienza del Pd è conclusa? No, affatto».
Dunque si discute molto negli ultimi giorni di forma e contenuti attorno a cui costruire l’alternativa all’asse giallo-verde dopo la botta alle ultime elezioni, un dibattito nel quale parte degli esponenti di peso e degli osservatori storicamente vicini al centrosinistra non vede di cattivo occhio il superamento del partito nato nel 2007. Dal presidente del Lazio, unico sinora in lizza per la guida del Nazareno, è stata fatta esplicita richiesta di discontinuita col passato. Linea sintetizzabile nella formula meno Macron e più equità, imperniata cioè su un più attenuato richiamo alla linea del capo dello Stato francese cui continuano a riferirsi invece, e convintamente, i dirigenti vicini a Matteo Renzi. «Dobbiamo costruire l'alternativa a Salvini in casa nostra, in Italia», annota oggi Martina e serve, poi, « un'alleanza larga in Europa con tutte le forze europeiste, democratiche e progressiste che non vogliono il ritorno dei nazionalismi. Questo è il punto fondamentale che unirà esperienze anche diverse».
Anche per il renziano Lorenzo Guerini invitato all’incontro di AreaDem sarebbe sbagliato concentrarsi sul nome («si deve discutere della missione del Pd, specie in vista delle elezioni europee. Il tema del nome in questo momento non ha molto senso. Contano proposte e linea politica») . Il congresso del Pd va fatto in tempi rapidi, questo il suo convincimento, «anche per trovare un “ubi consistam”. Va bene costruire un'area larga, ma senza esagerare. Bisogna capire per fare che cosa». Per Guerini «la base elettorale si è contratta, ma è anche cambiato profondamente il Dna del nostro elettorato. C'è stato un disallineamento tra le parole che dicevamo e la nostra militanza, che guardava ad altre forze. Non abbiamo capito come cambiava la società italiana». Ma «basta Curva Sud». «Facciamo una moratoria sulle battute polemiche, discutiamo per capire cosa é accaduto in questi anni e cosa dobbiamo fare, partendo anche all'analisi degli errori commessi».
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