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Investimenti e istruzione, cenerentole della spesa pubblica

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Rapporto del Mulino

Investimenti e istruzione, cenerentole della spesa pubblica

Sarà il primo momento utile per una discussione pacata sul che fare con la legge di bilancio, nel clima di nuova consapevolezza di vincoli e limiti dimostrato dagli azionisti di maggioranza del governo. Il compito di tirare le fila del dibattito fra economisti e politici, alla presentazione del Rapporto del Mulino sulla finanza pubblica 2018, a cura di Giampaolo Arachi e Massimo Baldini, spetterà, giovedì 13 settembre, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, proprio nel giorno in cui da Francoforte il presidente della Bce, Mario Draghi, farà il punto sulle prospettive della politica monetaria.

Il volume, frutto del contributo di numerosi esperti, entra nel merito delle questioni di politica economica che hanno dominato la campagna elettorale, vale a dire il reddito di cittadinanza, la “quasi” flat tax, la revisione della legge Fornero sulle pensioni.

Ma il suo filo conduttore è un altro. In Italia, come si ricorda nell’introduzione, vi sono due approcci alla strategia di bilancio: il primo, più preoccupato di adottare ulteriori misure correttive allo scopo di prevenire rischi di instabilità finanziaria in futuro, anche alla luce di una possibile normalizzazione della politica monetaria. Rischi, si potrebbe aggiungere, che nel corso dell’estate l’incertezza politica ha fatto aumentare, sotto forma di ulteriore rialzo dello spread.

Dall’altra parte c'è chi osserva che le performance dell’economia italiana sono risultate complessivamente deboli, dunque occorre fare estrema attenzione a politiche che possano frenare i già esigui tassi di crescita della domanda. Diviene allora centrale, ai fini della diagnosi, capire quale risposta si dà al seguente interrogativo: c'è stata e quale intensità ha avuto una politica di austerity in Italia, nel periodo successivo allo scoppio della grande crisi finanziaria?

La risposta fornita dagli estensori del Rapporto è sì, l'austerity c'è stata, è stata dura ed è stata abbandonata solo in anni recenti. Però, contrariamente a quanto comunemente si pensa, l’aggiustamento non è avvenuto tanto sul versante delle entrate, quanto sul lato della spesa pubblica. Fedele De Novellis e Sara Signorini lo mostrano (si veda grafico) attraverso il confronto del peso relativo delle politiche di spesa e di entrata nella correzione dei conti pubblici nell'area dell'euro.

LO SFORZO DELLA POLITICA DI BILANCIO DAL LATO DELLE ENTRATE E DAL LATO DELLA SPESA
Periodo 2007/2017 (Fonte: La finanza pubblica italiana, Rapporto 2018 Il Mulino)

Ma non basta: in Italia si è registrata una significativa riduzione tra il 2009 e il 2016 del livello di spesa primaria pro-capite in termini reali, indicatore essenziale per tener conto dell'impatto sull'accesso ai servizi pubblici. Secondo i calcoli di Massimo D'Antoni e Gianluigi Nocella, la riduzione maggiore tra il 20109 e il 2016 si è verificata nella spesa pubblica per l'istruzione (-16,3%) e in quella per gli affari economici (-16%). Questi ultimi includono una parte consistente degli investimenti pubblici, che in quanto spesa rimandabile hanno subito un drastico ridimensionamento negli anni dell'austerity.

Il capitale umano e gli investimenti pubblici sono però, come tutti riconoscono, proprio quelle voci che più vanno a incidere sul potenziale produttivo. Non c'è dunque da stupirsi del fatto che tutte le statistiche continuino a segnalare un arretramento del paese, che sta progressivamente perdendo posizioni rispetto ai partner europei (basti ricordare che intorno alla metà degli anni ‘90 l'Italia aveva un Pil pro-capite prossimo a quello della Germania e che oggi il divario è del 22 per cento). Se la crescita è bassa, il sentiero per la finanza pubblica è assai stretto, affermano gli autori. Per questo, concludono- misure per l’aumento del saldo primario sono efficaci solo se adottate in stretto coordinamento con le autorità europee, in modo da garantire l'ombrello protettivo della Bce sulla dinamica dei nostri tassi d'interesse. Altrettanto essenziali sono le misure per innalzare la crescita economica, «elemento sul quale - è la conclusione -i progressi in questi ultimi anni appaiono modesti».

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