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In Italia stipendi dei docenti in calo, insufficiente la spesa per studente

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la fotografia dell’ocse

In Italia stipendi dei docenti in calo, insufficiente la spesa per studente

L’Italia rimane il Paese Ocse con gli insegnanti più anziani, anche se le nuove assunzioni hanno invertito il trend abbassando l’età media. Ma i docenti italiani continuano a vedere eroso il loro potere d’acquisto, con le retribuzioni che sono diminuite costantemente dal 2010 al 2016 e che rimangono sotto alla media Ocse. Anche perché il livello di spesa per studente è leggermente aumentato, tornando ai livelli del 2010, ma solo per effetto di una contrazione più accentuata degli studenti, diminuiti dell’8% mentre le retribuzioni sono calate del 7 per cento.

Non è una fotografia confortante per la scuola italiana quella che esce, proprio alla vigila dell’apertura del nuovo anno scolastico, dal rapporto annuale dell’Ocse che mette a confronto i sistemi educativi del Paesi industrializzati.

Per di più il livello di spesa per l’istruzione in Italia è inferiore alla media Ocse (3,9% del Pil contro il 5%), anche se il divario è più limitato nella scuola primaria e aumenta con i livelli di istruzione. Ma risulta decisamente più bassa per quanto riguarda l’istruzione terziaria (73% della media Ocse e 67% escluse le spese per ricerca e sviluppo) e nelle scuole pre-primarie (74%). Che sono poi le fasi che fanno sempre più la differenza nel livello e nella qualità dell’istruzione, secondo gli esperti dell’istituzione parigina.

Docenti mal pagati

Il corpo docente italiano rimane il più anziano dell’Ocse con il 58% degli insegnati che ha più di 50 anni, in costante aumento dal 2010, anche se la percentuale ha iniziato a calare nel 2016 in seguito alle assunzioni della Buona Scuola.

Nessuna inversione di tendenza si è avuta invece per le retribuzioni, diminuite costantemente dal 2010 al 2016, anno in cui lo stipendio medio era pari al 93% di quello del 2005. Non solo lo stipendio medio italiano è inferiore alla media Ocse, ma per di più anche la progressione nel corso della carriera è decismaente inferiore. Per fare qualche cifra un insegnante di primaria ha uno stipendio iniziale di 28.514 dollari in Italia contro 31.919 della media Ocse e arriva dopo 15 anni a 34.444 dollari contro 44.281. Un docente di secondaria superiore entra con uno stipendio di 30.739 dollari (34.534 di media) e arriva dopo 15 anni a 38.581 (47.869).

Per contro il nostro è uno dei Paesi con il più alto compenso per i dirigenti scolastici che arrivano ad avere retribuzioni lorde effettive che sono il doppio di quelle degli insegnanti.

Dove si annidano le disuguaglianze

Nonostante gli sforzi per l’adeguamento dei sistemi scolastici, il rapporto “Education at a glance 2018” dell’Ocse sottolinea come a livello globale la provenienza economico-sociale rimanga ancora determinante per la progressione dell’istruzione dei singoli. Con disuguaglianze che tendono a riflettersi poi sul mercato del lavoro, dove i ragazzi che si sono fermati all’istruzione secondaria hanno molte meno possibilità di trovare lavoro e stipendi pari al 65% dei coetanei con istruzione superiore.

In questo quadro l’Ocse sottolinea come negli ultimi anni sia maturata «una crescente consapevolezza del ruolo essenziale svolto dall’educazione e cura della prima infanzia per lo sviluppo, l’apprendimento e il benessere infantile». In Italia il 24% dei bambini sotto i tre anni frequenta l’asilo nido, rispetto a una media Ocse che arriva al 35%.

Anche la quota dei giovani adulti italiani con una laurea è inferiore rispetto agli altri Paesi dell’Ocse, anche se questa quota è aumentata costatemente nell’ultimo decennio dal 19% al 27% nel 2017.

In linea con gli altri Paesi, le ragazze tendono ad avere un maggior successo scolastico. Nelle secondarie, a livello globale è maschio il 60% dei ripetenti nella secondaria, mentre a completare il livello terziario arrivano il 38% dei ragazzi tra 25 e 34 anni e il 50% delle ragazze, con un gap che è andato allargandosi nell’ultimo decennio (in Italia siamo rispettivamente al 20 e al 33%).

Ma i dolori per le ragazze arrivano nel mondo del lavoro: l’80% delle ragazze con istruzione terziaria trova lavoro contro l’89% dei maschi, per di più con uno stipendio che è inferiore, a pari età, del 26% rispetto ai colleghi maschi.

Difficoltà a trovare lavoro

Le inefficienza del sistema scolastico si riflettono nella capacità di trovare lavoro. Il tasso di occupazione in Italia è inferiore rispetto alla media Ocse, con un divario che aumenta con i livelli di istruzione arrivando a 18 punti per i giovani con istruzione terziaria.

Preoccupante è anche il livello di giovani inattivi, i cosiddetti Neet: in Italia il 30% dei 20-24enni nel 2017 era senza lavoro, non studiava e non frequentava alcun corso di formazione rispetto al 16 di media Ocse, arrivando al 34 nella fascia d’età tra 25 e 29 anni. (28% per gli uomini e 40% per le donne).

Su queste percentuali influisce anche la presenza di flussi migratori, che ovviamente stimola il dibattito pubblico, anche se non sempre su basi corrette. In Italia tra le persone con titolo inferiore al secondario superiore, quelle nate all’estero hanno maggiori probabilità di trovare un lavoro (61% contro il 50% degli “autoctoni”). Mentre gli adulti laureati arrivati in Italia oltre i 16 hanno molta meno possibilità di trovare lavoro (68 contro 80%), confermando di fatto che i migranti vanno ad occupare i lavori a più basso valore aggiunto, con una divaricazione anche a livello salariale che aumenta con il livello d’istruzione (dal 18% al di sotto della secondaria superiore al 31% per la secondaria superiore).

L’eccellenza dell’istruzione professionale

In una cosa però l’Italia eccelle rispetto agli altri Paesi: la partecipazione ai percorsi di istruzione tecnica e professionale, che si attesta al 22%, su livelli più elevati di paesi come Germania e Francia. D’altra parte nel nostro Paese questi percorsi rappresentano una valida alternativa a quelli di indirizzo generale, rappresentando un via più diretta per entrare nel mercato del lavoro senza escludere la possibiltià di accedere all’università.

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