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Fmi, allarme Italia: rischio contagio banche-BTp

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Fmi, allarme Italia: rischio contagio banche-BTp

Il Global Financial Stability Report diffuso dall’Fmi a Bali (Indonesia) punta i riflettori sul nesso tra debito pubblico e banche . È uno dei fattori di rischio indicati per l’Eurozona e per il sistema finanziario globale, insieme alle vulnerabilità dei Paesi emergenti e all’escalation nelle guerre commerciali e a quello che appare un atteggiamento «compiacente» dei mercati, che non sembrano apprezzare il rischio di un eventuale e brusco deterioramento del quadro finanziario.

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Così da sollevare incognite sulla vulnerabilità del sistema finanziario nei confronti di una eventuale seconda Grande Depressione.

Il rapporto sottolinea che la presenza nei bilanci delle banche di ingenti quantitativi di bond emessi da Paesi fortemente indebitati rappresenta «una potenziale vulnerabilità», come dimostrato dalla crisi dell’euro. Un riferimento implicito all’Italia, che diventa manifesto quando si afferma: «In Italia, le incertezze politiche hanno riportato all’attenzione il legame tra banche e debito sovrano». Gli eventi recenti, sottolinea ancora il Fondo, suggeriscono che questo legame «resta un significativo canale di trasmissione del rischio».

Una eco a quanto affermato dal capo-economista dell’Fmi, Maurice Obstfeld, nella conferenza stampa di apertura dei lavori del meeting annuale dell’Fmi e della Banca mondiale, martedì: per l’Italia, aveva detto, «è imperativo per la politica di bilancio mantenere la fiducia dei mercati e abbiamo visto un aumento degli spread e questo rende» il Paese più vulnerabile. «È importante che il Governo operi nel contesto delle regole europee».

Prima ancora che le recenti tensioni sullo spread si manifestassero, i tecnici del Fondo scrivevano: «Se le preoccupazioni sulla politica di bilancio riemergeranno, c’è il rischio che si inneschi di nuovo il legame banche-debito», dato l’ammontare di titoli di Stato detenuto dagli istituti di credito «e la loro esposizione sul mercato domestico». Uno scenario in cui «le tensioni potrebbero allargarsi ai mercati del debito pubblico in Europa».

Più in generale, il Fondo rileva che man mano che le Banche centrali procederanno con il rientro dalle politiche monetarie accomodanti, le condizioni finanziarie diventeranno più ostiche e questo potrebbe portare alla luce vulnerabilità e fragilità. In questo quadro, c’è una serie di fattori che potrebbero mettere a repentaglio la stabilità finanziaria globale: una crisi dei mercati emergenti, dove già ci sono evidenti focolai; l’escalation delle tensioni commerciali; l’impennata dell’incertezza politica, che potrebbe essere alimentata dall’incertezza sulle politiche di bilancio di alcuni Paesi europei ad alto debito, ma anche da un esito negativo dei negoziati sulla Brexit; un’accelerazione della stretta monetaria negli Stati Uniti, in caso di inattesa fiammata inflazionistica in una economia che viaggia al di sopra del proprio potenziale, spinta da misure fiscali pro-cicliche.

La ricetta dell’Fmi è allora quella di rafforzare cuscinetti anticiclici e resilienza per superare eventuali fasi avverse. In particolare, ai Paesi con alto debito pubblico si raccomanda di migliorare la sostenibilità dei conti pubblici e dotarsi di strumenti di salvaguardia.

Dopo la Grande depressione, è stata costruita una nuova e più robusta architettura finanziaria. «Ma è abbastanza» per evitare una seconda Grande Depressione? La risposta del Fondo non è rassicurante: la ripresa economica non è stata equa e le ineguaglianze sono aumentate (alimentando i populismi e i nazionalismi). Sono emerse tensioni commerciali. Il sostegno per il multilateralismo si è indebolito, minando la fiducia nella capacità dei Governi di rispondere alle crisi. Nonostante le «nuvole all’orizzonte», i mercati finanziari restano esuberanti e non sembrano curarsi del rischio di un improvviso e rilevante deterioramento della congiuntura finanziaria.

Il debito del settore non finanziario (imprese e Governi) dei Paesi con mercati rilevanti, sottolinea ancora il Fondo, ha raggiunto il record storico del 250% del loro Pil combinato, era al 200% nel 2008.

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