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Scontro pensioni, nel Def il governo elogia la Fornero

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Scontro pensioni, nel Def il governo elogia la Fornero

Le nuove pensioni di anzianità 2019 saranno permanenti o sperimentali? L'etichetta “quota 100” varrà anche negli anni a venire o subirà un monitoraggio stretto, magari per limitarla a una riserva speciale di lavoratori senior?
Il dubbio che dietro la finestra per l'uscita dal mercato del lavoro con 62 anni e 38 di requisiti contributivi ci sia una verifica di sostenibilità a stretto giro l'ha suscitato ieri lo stesso ministro dell'Economia, Giovanni Tria, prima parlando di “misure temporanee” e poi assicurando che il governo metterà comunque in campo “risorse permanenti”. L'idea che è circolata tra gli addetti ai lavori è di una verifica di tiraggio, vale a dire un controllo trimestrale o semestrale sul numero di nuovi pensionamenti che effettivamente si innescheranno l'anno venturo rispetto alla cifra (oltre 400mila) evocata come obiettivo politico da Matteo Salvini.

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La maggiore spesa è di 7/8 miliardi il primo anno, a salire. Non poco se si tiene conto del fatto che, a legislazione vigente, la spesa per pensioni nei prossimi quattro anni è già prevista in crescita di 22,5 miliardi (+8,3%), passando da 269,2 miliardi previsti quest'anno a 291,7 miliardi nel 2021.


Nella Nota di aggiornamento al Def che Tria ha firmato e che quindi condivide nel suo insieme, è stata incluso anche quest'anno il quadro previsto sulla spesa di lungo periodo connessa all'invecchiamento, che per le sole pensioni dovrebbe salire oltre il 16% del Pil nei prossimi 25 anni (il picco tra il '42 e il '44), con scenari anche peggiori secondo i calcoli dello European working group (l'Aging report 2018 indica un picco al 18,3%).

Nel focus elaborato dalla Ragioneria generale, che annualmente traccia una previsione di lungo periodo sulla spesa legata all'invecchiamento, vengono ricordati gli effetti di stabilizzazione determinati dalle riforme varate dal 2004 (Maroni) in avanti, e che cumulativamente hanno prodotto una minore incidenza della spesa pensionistica sul Pil di oltre 60 punti percentuali fino al 2060. Circa 1/3 di quei risparmi sono dovuti alla sola riforma Fornero, già depotenziata dalle misure introdotte con la legge di bilancio 2017 (le nuove flessibilità tra cui l'Ape sociale, il cumulo gratuito, l'anticipo per gli usuranti e altro) e soprattutto dalle otto salvaguardie per i cosiddetti “esodati”.

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Ora con “quota 100” quei risparmi verrebbero ulteriormente erosi. Da qui la grande cautela di Tria, cui ha fatto seguito il monito del vicedirettore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini, il quale sempre in audizione sulla Nadef ha ribadito che “è fondamentale” non tornare indietro sul fronte delle riforme che hanno garantito sia la sostenibilità sia l'equità intergenerazionale del sistema pensionistico. Un monito seguito da una chiosa il cui Signorini ha ricordato proprio le stime di sostenibilità di lungo periodo della Ragioneria.


Che cosa dirà ora la Commissione Ue quando riceverà il documento programmatico di bilancio? Nelle raccomandazioni di budget da rispettare messe a punto lo scorso aprile c'erano, come ormai accade da anni, i soliti due indicatori di rischiosità S1 e S2 da rispettare per evitare che la crescita della spesa pensionistica superi un certo livello di impatto sul debito pubblico. E con “quota 100” la sfida è grandissima se è vero, come ha sostenuto appena tre settimane fa in un'altra audizione parlamentare il presidente dell'Inps, Tito Boeri, che queste nuove anzianità appesantirebbero di oltre 100 miliardi il debito pensionistico implicito che grava sulle generazioni più giovani di lavoratori.

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