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Fondi Lega, Cassazione: non violati i diritti del Carroccio

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RESPINTO RICORSO

Fondi Lega, Cassazione: non violati i diritti del Carroccio

È stato respinto dalla Cassazione il ricorso della Lega che chiedeva di essere ammessa, in qualità di «parte destinataria di provvedimento di sequestro» - figura non riconosciuta dal nostro ordinamento giuridico -, al processo d’appello in corso a Genova nei confronti dell’ex segretario Bossi e altri quattro imputati, tra i quali l’ex tesoriere Francesco Belsito, per la truffa sui rimborsi per 49 milioni di euro. Secondo i legali del Carroccio, ai danni del partito di Salvini ci sarebbe stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in base a una sentenza di Strasburgo sull’ecomostro di Punta Perotti.

La richiesta della difesa
Con questa verdetto, per la difesa della Lega, è stato «enunciato il principio che un provvedimento di confisca applicato a chi non è stato parte nel procedimento penale in cui è disposta la misura è da ritenersi emesso in violazione dell’articolo 7 della Cedu», che tutela da confische chi è senza condanne. Ma la Suprema Corte, venerdì, ha convalidato l’ordinanza della Corte genovese che il 15 giugno aveva detto no alla partecipazione della Lega nel processo a Bossi.

La Cassazione: non attinente l’istanza della Lega
Ma la Suprema Corte non deve aver giudicato attinente il richiamo alla vicenda dell’ecomostro barese e venerdì scorso, con un dispositivo del quale si è appreso oggi, ha convalidato l’ordinanza della Corte genovese che il 15 giugno aveva detto «no» alla partecipazione della Lega nel processo d’appello a Bossi, la cui udienza conclusiva è prevista per il 20 novembre. In particolare, gli “ermellini” della Seconda sezione penale oltre a respingere il reclamo del Carroccio lo hanno anche condannato a pagare le spese processuali.

L’inchiesta sui 49 milioni di euro frodati
I pm di Genova, attraverso gli accertamenti della Guardia di finanza, hanno ricostruito il vasto «sistema» presumibilmente ideato dall’allora tesoriere Belsito, per sottrarre i finanziamenti al Carroccio. Verifiche che hanno portato il Tribunale del capoluogo ligure a emettere una sentenza il 24 luglio 2017, con cui sono stati condannati, tra gli altri, Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito. L’inchiesta, deflagrata nel 2012, ha riguardato fatti avvenuti tra il 2008 e il 2010: in quest’arco temporale sarebbero state presentate rendicontazioni irregolari al Parlamento per ottenere indebitamente i fondi pubblici. L’inchiesta fu battezzata “The Family”, come il nome riportato sulla copertina di una cartellina di appunti conservata dall’allora tesoriere Belsito, in cui erano elencate le spese della famiglia Bossi.

I 49 milioni di euro da pagare a rate
Tutto questo materiale investigativo ha consentito ai pm di ottenere la condanna e il sequestro dei fondi custoditi sui conti della Lega. Il 4 settembre 2017 la Procura «otteneva - si legge nei documenti - dal Tribunale l’emissione di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta nei confronti della Lega» di una somma pari a 48 milioni 969mila 617 euro. Tuttavia, in sede di esecuzione gli investigatori della Finanza hanno trovato esclusivamente 1 milione 651mila euro. Della restante somma non c’era più traccia. È in questa fase che sono nati una serie di ricorsi sia dell’accusa sia della difesa, sfociati nella nota decisione del Riesame di sequestrare tutti i capitali della Lega. A metà settembre, però, un accordo tra la Procura e i legali del Carroccio ha consentito al partito di Matteo Salvini di restituire i capitali a rate. Ci vorranno circa 80 anni per risarcire lo Stato.

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