Domenica Lucano torna in libertà, ma incassa anche il divieto di dimora a Riace. Lo ha deciso il tribunale del riesame in accoglimento parziale della richiesta difensiva. Il «modello Riace è un’idea che va contro la civiltà delle barbarie. Anche senza contributi pubblici andiamo avanti lo stesso, da soli». Così il sindaco Domenico Lucano, al termine dell’udienza davanti al Tribunale del Riesame che ha poi accolto la sua richiesta di revoca della misura cautelare. Lucano - ritenuto il sindaco dell’accoglienza - era stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Le ipotesi di reato sono della Procura della Repubblica di Locri, che ritiene il primo cittadino ai vertici di una associazione per delinquere.
Lucano: «Contro lo Sprar faremo ricorso al Tar»
All’uscita dall’udienza, Lucano ha aggiunto che «negli anni abbiamo costruito dei supporti all’integrazione che oggi fanno
la differenza. Faremo non uno Sprar ma un’accoglienza spontanea così com’era cominciata, senza soldi pubblici. Voglio trasmettere
questo messaggio al Governo, vogliamo uscire dallo Sprar. Faremo ricorso al Tar come fatto morale».
«Morcone voleva portare 400 migranti a Riace»
Il sindaco alza lo scontro: «Quando si parla di uno degli argomenti che mi sono contestati dal Viminale, quello degli affidamenti
diretti, il prefetto Morcone non si doveva dimenticare di quando, nel 2008, voleva portare 400 persone a Riace». «Al prefetto
- ha aggiunto - dissi che Riace aveva 500 abitanti nella parte alta. In ogni caso ho avuto un rapporto cordiale con il Capo
dipartimento Morcone. Però il 26 agosto 2008, quando ha telefonato a Riace, mentre altri comuni come Milano davano la disponibilità
per 20 posti, noi ci siamo riuniti in vari comuni ed abbiamo dato la disponibilità di 300 posti. Il 26 agosto ci hanno telefonato
ed il 28 agosto sono arrivati i pullman. Come facevamo a non fare gli affidamenti diretti alle coop o agli enti gestori. E
adesso me lo contestano».
Le accuse della Procura di Locri
Al momento Lucano è agli arresti domiciliari in una indagine dei pm di Locri che riguarda «la gestione opaca dei fondi destinati
all’accoglienza di cittadini extracomunitari» e «matrimoni combinati» per garantire la permanenza in Italia di migranti. La
Procura lo accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina: avrebbe promosso una associazione per delinquere, allo
scopo di catalizzare fondi destinati al finanziamento dei centri Sprar, Msna e Cas per farli arrivare ad associazioni a lui
vicine, come Città Futura.
La stroncatura dell’inchiesta
Le ipotesi, però, sono state stroncate dal gip Domenico Di Croce, che nell’ordinanza ha ridotto l'associazione a un «diffuso
malcostume che non si è tradotto in alcuna delle ipotesi delineate dagli inquirenti». Ben sette reati, relativi alla turbativa
dei procedimenti per l’assegnazione dei servizi di accoglienza sono stati rigettati. Per il gip, buona parte dell’indagine
- che riguarda fatti avvenuti tra il 2014 e il 2017 - sarebbe basata su congetture, errori procedurali e inesattezze. Secondo
il giudice, infatti, le ipotesi sui servizi di accoglienza sono così «vaghe e generiche» da rendere il capo d'imputazione
«inidoneo a rappresentare una contestazione». Per quanto riguarda l’accusa di truffa aggravata, il gip ritiene che il contenuto
delle intercettazioni «lascia trasparire una modalità quanto meno opaca delle somme destinate agli operatori privati» ma,
al di là di questa considerazione, gli inquirenti «sembrano incorsi in un errore tanto grossolano da pregiudicare irrimediabilmente
la validità dell'assunto accusatorio». Di fatto, dice sempre il gip, viene individuato l’ingiusto profitto nel totale delle
somme incassate dalle cooperative, quando invece andava individuato nella differenza tra il totale e le spese realmente sostenute».
Fin qui la stroncatura. Tuttavia lo stesso gip ritiene che ci sia stata una «gestione quantomeno opaca e discutibile dei fondi
destinati all’accoglienza di cittadini extracomunitari», indicando Lucano «come soggetto avvezzo a muoversi sul confine tra
lecito e illecito».
L’arcivescovo di Reggio: «No a strumentalizzazioni xenofobe»
L’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini interviene sul caso Riace ed esprime «fiducia nella
giustizia», aggiungendo che
«laddove si ravvisano irregolarità nella gestione vanno accertate con oggettività». Spiega di aver «guardato sempre con
rispetto all’esperienza del sindaco di Riace, anche se potevano esserci delle “marginalità” non condivisibili. Nel dialogo
col primo cittadino mi ero dimostrato disponibile a offrire parte dei
locali del Santuario di Riace per utilizzarli nei servizi strutturati dal Comune per l'accoglienza dei profughi». L’Arcivescovo
rileva inoltre «il rischio che si conduca una battaglia ideologica sulla pelle dei migranti. Potrebbe essere un’intuizione
che ha bisogno di attendere la riprova dei fatti. Una cosa è certa: chi sostiene l’ideologia xenofoba, non sta perdendo occasione,
quotidianamente, per propagandare i propri messaggi razzisti tra la gente spesso poco informata».
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