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Ponte Genova, le prime ammissioni dei dirigenti di Autostrade

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Servizio |i verbali della commissione d’inchiesta

Ponte Genova, le prime ammissioni dei dirigenti di Autostrade

(Reuters)
(Reuters)

Un interrogatorio come i tanti già condotti su persone informate dei fatti nell’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi. Ma quello del professor Fabio Brancaleoni, tenuto oggi, probabilmente svela uno dei tentativi degli indagati per scaricarsi responsabilità. Lo si scopre incrociando le dichiarazioni trapelate con i verbali delle audizioni tenute dalla commissione ispettiva del ministero delle Infrastrutture sul disastro del 14 agosto. Verbali da cui fanno capolino pure dichiarazioni di dipendenti di Autostrade per l’Italia che paiono ammettere campanelli d’allarme trascurati sulle condizioni del viadotto.

Sono dunque verbali dal contenuto molto delicato, che infatti sono stati richiesti dalla Procura di Genova al ministero assieme alla relazione redatta dai commissari e a tutti gli altri allegati. La settimana scorsa, mentre tutto il fascicolo arrivava ai pm, Autostrade per l’Italia (Aspi) inviava una dura lettera al ministero per mettere in dubbio il lavoro della sua commissione e quindi, di fatto, l’utilizzabilità dei verbali ai fini dell’inchiesta della magistratura. Il contenuto della lettera è stato poi ripreso in un comunicato diramato ieri, al quale il ministero ha risposto. Scambi di accuse che, aldilà dei tanti e sottili dettagli cui si riferiscono, indicano quanto stia risalendo la tensione dopo settimane di apparente stasi.

GUARDA IL VIDEO: Ponte Genova, nuove immagini del crollo dalle telecamere di sorveglianza

La verifica del progetto
Brancaleoni è docente universitario alla Sapienza e ingegnere della Edingegneriadi Roma, che nel 2017 realizzò su richiesta di Aspi una modellazione nell’ambito del progetto dei lavori di rinforzo (il retrofitting) che la società aveva programmato per il viadotto. In pratica, aveva esaminato il modello di calcolo scelto dal progettista, rilasciando un parere secondo cui lo aveva ritenuto valido. Dunque, non aveva visto i dati, ma solo esaminato le modalità con cui essi venivano trattati. Tanto che ieri ai pm ha detto che «non c’erano ancora risposte sulla stabilità del viadotto né sulla sicurezza del viadotto né sul progetto».

Nelle dichiarazioni rese alla commissione ministeriale il 31 agosto dal progettista del retrofitting, Massimiliano Giacobbi (ingegnere della Spea, società di progettazione del gruppo Atlantia, lo stesso cui appartiene Aspi), Brancaleoni era invece colui che «ha validato» il progetto definitivo dell’intervento. Ma la validazione (che è obbligatoria e, per lavori di valore superiore al milione, deve essere svolta da un soggetto certificato) e un semplice parere «sono due cose diverse», come poi lo stesso Giacobbi ammette dopo tre domande dei commissari che gli chiedevano precisazioni.

La resistenza delle travi
Tra i dati che Brancaleoni avrebbe potuto vedere se il suo ruolo fosse stato effettivamente quello di validatore, ci sarebbe stato il risultato del calcolo di resistenza delle travi tampone (quelle che costituiscono l’ossatura degli impalcati tampone, cioè dei “pezzi” di carreggiata non appoggiati direttamente su piloni ma sulle estremità degli impalcati a cassone che invece sono sostenuti da tali pile). Questo risultato è inferiore a uno, quindi sotto il limite di sicurezza.

Ieri in una nota Aspi ha contestato la significatività di questo risultato, argomentando che dipende dall’applicazione delle Norme tecniche di costruzione (Ntc) entrate in vigore nel 2008 e precisando che esso, «calcolato con le norme dell’epoca, era pari a circa uno».

Dalla tabella dei calcoli risulta che in ogni caso il limite minimo non viene raggiunto, anche se il gap si assottiglia. Ma, soprattutto, dai verbali delle audizioni emerge che i tecnici di Aspi sentiti dai commissari non contestano l’interpretazione che i commissari danno del risultato. Nella maggior parte dei casi, dicono che dovrebbero approfondire per dare una risposta precisa.

Uno dei tecnici più quotati, Alberto Selleri (responsabile della direzione realizzazione di nuove opere e per questo distaccato da marzo scorso a Genova per avviare i cantieri della Gronda), inizialmente pare incredulo del risultato mostratogli dai commissari. Tanto da chiedere se facesse davvero «parte della relazione». Quando glielo confermano, commenta che la cosa avrebbe meritato un certo approfondimento da parte di Aspi o dei progettisti di Spea, «poi insomma, vista così, insomma magari c’è sotto qualcosa». Poi i commissari commentano che «qualcuno avrebbe dovuto alzare una mano e dire o suonare un campanello insomma al piano superiore» e chiedono se, almeno come prime impressione si stiano sbagliando. Selleri risponde: «Alla prima impressione direi di no».

Particolarità sottovalutate
L’altra tesi di cui i commissari cercano conferma nelle audizioni è che il Ponte Morandi fosse una struttura tanto delicata e strategica da meritare un trattamento molto prudenziale. Non solo perché il suo degrado era stato più veloce di quanto si aspettava il suo stesso progettista, Riccardo Morandi, che lo mise nero su bianco già nel 1981, 14 anni dopo l’apertura al traffico. Ma anche perché la struttura non ha ridondanze, quindi un cedimento in una parte non può essere recuperato con la resistenza di altre parti e quindi può portare al crollo.

Con Selleri, i commissari sembrano sfondare una porta aperta: commentando le particolarità della struttura, parla di «cose che oggi non...nessuno di noi farebbe mai, però è una struttura che...». Un commissario gli offre una conclusione “moderata”, dicendogli che quell’opera «è stata in piedi 60 anni», ma Selleri risponde: «Sì, sì, è stata in piedi più di 60 anni ma è una struttura piccata». La sua attenzione va anche su un dettaglio: «io non avendo esperienze di strutture degli anni 70 perché...purtroppo però vedersi le solette con spessori diversi a seconda se c’è il mezzo pesante o se c’è il mezzo leggero (Morandi aveva risparmiato sul peso prevedendo che la carreggiata fosse più spessa solo sotto le corsie di destra spesso occupate da camion, ndr) fa pensare».

L’ipotesi sulle cause
Da questa criticità nelle travi tampone i commissari hanno tratto la prima delle tre ipotesi che avanzano sul crollo: il primo a cedere sarebbe stato proprio un impalcato tampone. Niente certezze: quelle arriveranno, se arriveranno, dal lavoro dei periti dei magistrati e dalle successive sentenze. Ma al momento solo ipotesi si possono fare.

Secondo il ragionamento che i commissari esplicitano più volte nelle audizioni, i primi a farsi domande per arrivare a formulare ipotesi dovrebbero essere i dirigenti di Aspi. Se non altro perché, se il crollo è stato causato da un problema sfuggito al sistema aziendale di controlli, ci sarà da correggere qualcosa nelle procedure, per evitare che una tragedia come quella del Ponte Morandi possa ripetersi su uno o più dei 1977 viadotti gestiti dalla società.

Invece, di fronte alla richiesta dei commissari di provare a ipotizzare qualche causa, i dirigenti Aspi hanno sostanzialmente tutti risposto di non sapere, perché non era stato consentito loro di accedere sul luogo del crollo e perché le cause sono oggetto delle indagini dei pm. Hanno risposto così sia i manager sentiti il 31 agosto sia quelli ascoltati il 13 settembre (un mese dopo il crollo), cioè l’amministratore delegato Giovanni Castellucci e il direttore Operations Paolo Berti.

Però in questo (comprensibile) muro di riserbo i commissari trovano un’altra crepa nelle parole di Roberto Tomasi, condirettore generale Nuove opere. Che, dopo aver ipotizzato la cinematica del crollo, conclude: «Allora, se mi parte una trave a tampone io ho una forza di reazione tale che un sistema come ha progettato Morandi non riesce a reagire». Una conferma dei sospetti sugli impalcati tampone e sul fatto che il Ponte Morandi richiedeva un’attenzione e una prudenza superiori alla media.

PRECISAZIONI DI ALBERTO SELLERI, AUTOSTRADE PER L’ITALIA
Gentile dottor Caprino,
in merito ad alcuni contenuti del suo articolo, ritengo doveroso fornire elementi di chiarimento e fare alcune precisazioni.
Premetto che la Commissione ministeriale mi aveva assicurato che avrebbe trascritto l'audizione per una verifica del testo, che avrei dovuto valutare in termini di rispondenza del contenuto delle mie affermazioni. Non ho mai ricevuto la trascrizione e quindi non ho mai potuto verificare che il testo rispondesse alle mie dichiarazioni.
Rimango sorpreso di vedere il contenuto di alcune mie affermazioni circa una presunta non conformità dell'opera totalmente decontestualizzate e trasmesse addirittura agli organi di stampa. Mi preme nell'immediato inquadrare correttamente la questione, chiarendo innanzitutto che il sottoscritto è responsabile all'interno della Direzione Nuove Opere del Progetto “Gronda di Genova” e che su tale argomento ipotizzava vertesse il contenuto dell'audizione.
Nell'ambito della mia audizione, invece, mi è stata fatta vedere - proiettandola - una pagina di una relazione relativa al progetto di retrofitting del Polcevera. Vedendo quella singola pagina, la mia prima reazione, come ho detto alla Commissione, è che sarebbe stato necessario un approfondimento. E infatti, facendo successivamente i dovuti approfondimenti sulla base della lettura completa della relazione allegata al progetto di retrofitting, ho ben compreso che non vi era alcuna particolarità di rilievo, in quanto semplicemente si trattava di una verifica imposta dalle Norme Tecniche delle Costruzioni (NTC) del 2008, da adottare solo nell'ambito delle valutazioni previste in caso di adeguamento dell'opera.
Tale norma infatti prevede che solo in caso di nuovi interventi o di interventi straordinari sulle opere esistenti è necessario riverificare le strutture per raggiungere i nuovi valori fissati dalle Norme Tecniche delle Costruzioni.
Per un non addetto ai lavori: solo per le nuove opere o quelle per le quali è previsto un'attività di adeguamento si adotta la normativa più recente, mentre non esiste alcun obbligo di applicarla alle opere esistenti. Ciò vale per le infrastrutture ma anche, in generale, per tutti i campi dell'ingegneria civile.
Grazie e cordiali saluti,
Alberto Selleri
Direttore Realizzazione Opere Autostrade per l'Italia

I calcoli per verificare la sicurezza, però, dovrebbero comunque essere effettuati prudenzialmente, seguendo le norme più aggiornate al progresso tecnico. E che il ponte sia crollato è purtroppo una realtà. Fino a quando non si avrà la certezza definitiva che la causa è stata un’altra, il fatto che la verifica di sicurezza sia stata negativa desta sospetti. Nel frattempo, sarebbe più tranquillizzante sapere che sono in corso verifiche sul resto della rete. (M.Cap.)

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