La nona edizione della Leopolda si svolge in un certo senso in un’atmosfera surreale: con lo spread che venerdì ha sfiorato 340 punti base, e con il declassamento da parte di Moody’s arrivato in serata, il tema del rilancio dell’opposizione e del congresso del Pd è finito per forza di cose sullo sfondo. E lui, Matteo Renzi, prende tutte le distanze possibili dal tema partito. E anche la politica tradizionalmente intesa è assente da questa tre giorni, con il leader ormai lontano da Palazzo Chigi e anche dalla guida del Pd.
Congelata la candidatura Minniti
Dal palco non parla nessun parlamentare o ex ministro, e financo Marco Minniti – candidato segretario in pectore appoggiato
da Renzi contro il governatore del Lazio Nicola Zingaretti – non dice nulla e si limita a sedersi in platea tra gli altri
parlamentari e dirigenti. Tanto che la sua candidatura, mentre ricomincia il tam tam dei renziani per rimandare il congresso
a dopo le europee per non dividersi proprio ora che il governo giallo-verde appare in difficoltà sull’economia, appare congelata.
Minniti aspetterà a questo punto, per sicurezza, l’avvio formale del congresso da parte del segretario reggente Maurizio Martina
per formalizzare la sua discesa in campo. Ma la domanda che tutti si fanno passeggiando per la vecchia stazione di Firenze,
simbolo del renzismo è: ma il congresso si farà davvero?
Congresso sullo sfondo
Partito e congresso solo sullo sfondo, dunque. Ma l’affluenza a questa edizione della Leopolda è altissima. E questa partecipazione
appartiene tutta a Renzi, che parla alla “sua” gente. Ed è a loro che si rivolge quando lancia i comitati di azione civica:
una sorta di resistenza democratica e civile che si rivolge direttamente ai cittadini bypassando il Pd. Perché il vecchio
contenitore partito – è la convinzione di Renzi ma anche di altri big dem, da Paolo Gentiloni a Carlo Calenda – non basta
più. «I partiti nascono per fare azione sui contenuti all’interno di regole comuni condivise – spiega Ivan Scalfarotto, coordinatore
dei nascenti comitati -. Con la nascita del governo M5s-Lega sono sotto attacco proprio quelle regole che pensavamo condivise,
ossia è sotto attacco la democrazia liberale con la sua divisione dei poteri e il suo rispetto delle minoranze. Quando il
vicepremier Di Maio attacca la libera stampa, per fare solo un esempio, non è una questione che riguarda solo il Pd o Leu
o Forza Italia: è una questione che riguarda le basi della democrazia liberale». Ed eccoli, i 7 valori guida dei comitati:
Europa contro nazionalismo, crescita contro assistenzialismo, scienza contro superstizione, giustizia contro giustizialismo,
vero contro virale, democrazia contro plebiscitarismo, società aperta contro esclusione.
Il fronte dei cittadini
Andare oltre il Pd, dunque. In fondo il tema è lo stesso del “fronte repubblicano” tante volte evocato da Calenda. O di quel
“fronte largo” di associazioni e movimenti che vada oltre il Pd evocato da Gentiloni. Renzi va ancora oltre: il suo “fronte”
è fatto direttamente dai cittadini e non passa per accordi politici tra partiti o associazioni o movimenti. Alcuni vi vedono
in nuce l’ossatura di un futuro partito. E non è detto che alla fine questa non sia la soluzione, ma dipenderà molto dagli
esiti del congresso del Pd che dovrebbe partire ai primi di novembre: se dovesse vincere Zingaretti una separazione è più
probabile, se dovesse vincere Minniti Renzi e i suoi tenteranno di restare.
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