Il governo italiano «è cosciente di aver scelto un’impostazione di bilancio non in linea» con le norme Ue, e ha preso questa «decisione difficile ma necessaria alla luce del persistente ritardo nel recupero dei livelli di Pil pre-crisi e delle drammatiche condizioni economiche in cui si trovano gli strati più svantaggiati della società italiana».
Il programma di finanza pubblica del governo italiano resta quindi confermato, anche se dopo il vertice di lunedì sera 22 ottobre a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte, i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini e i ministri Danilo Toninelli e Giovanni Tria, al quale è seguita una cena, emergono possibili soluzioni che sarebbero allo studio di fronte a una eventuale bocciatura da parte di Bruxelles attesa per martedì 23 ottobre. Per dirla con il leader della Lega Matteo Salvini «se uno va in macchina deve avere la ruota di scorta», anche se poi non «serve».
Le possibili modifiche guardano allo slittamento di qualche mese della partenza di quota 100 per le pensioni e del reddito di cittadinanza, uno slittamento che consentirebbe il risparmio di svariati miliardi.
Si sarebbe affrontata anche la possibilità di snellire fin da subito la manovra. Ma a tarda sera Salvini frena. «La bocciatura dell'Ue è pressoché certa ma reddito di cittadinanza e quota 100 non cambiano», sottolinea il leader della Lega dopo la cena. Due i temi principali affrontati nel vertice di Palazzo Chigi: come reagire alla bocciatura da parte dell'Ue e il tema del condono edilizio per i residenti di Ischia come misura post-sisma. E sul tavolo, caldeggiata da Tria, si sarebbe ripresentata la la possibilità di “snellire” fin da subito il testo, senza eliminare le principali misure, ma scrivendole in modo tale da ridurne l'impatto sul tetto deficit/Pil. Due le modalità per attuare le correzione al fotofinish: ridurre la platea di provvedimenti come quota 100 e reddito di cittadinanza o rinviare il “calcio di inizio” delle due misure.
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La risposta di Tria alla Ue
Roma intanto prova ad aprire a un «dialogo costruttivo e leale» con la commissione per argomentare meglio le previsioni di
crescita, perché «il posto dell’Italia è in Europa e nell’area Euro».
Risponde così il ministro dell'Economia Giovanni Tria alla commissione, per ribattere alla lettera con cui Bruxelles la settimana scorsa aveva contestato la «deviazione senza precedenti nella
storia del Patto di stabilità e crescita» messa in calendario dal governo italiano. La parola, adesso, è all'esecutivo comunitario
che martedì 23 ottobre si riunirà a Strasburgo. A questo punto non pare esserci altenativa alla “bocciatura”, che si tradurrà
nella richiesta formale di modificare il progetto di bilancio in relazione a saldi che violano il patto di stabilità e gli
impegni di riduzione del deficit in termini strutturali assunti dallo stesso governo Conte a fine giugno.
I numeri in discussione
Del taglio da 10 miliardi (-0,6% del Pil) al deficit strutturale, il Documento programmatico di bilancio prevede per l'anno
prossimo un aumento che Roma calcola intorno ai 14,4 miliardi (+0,8%), e che Bruxelles stima addirittura vicino ai 18 miliardi
(1%).
L’obiettivo (ambizioso) della crescita
La ragione di questo cambio di rotta, insiste la risposta firmata da Tria, è nell'esigenza di evitare una stretta fiscale
che avrebbe l'effetto di frenare ulteriormente un ritmo dell'economia già caratterizzato da un pesante rallentamento rispetto
alle previsioni. Per puntare all'obiettivo di una crescita all'1,5%, Roma rilancia quindi gli stanziamenti aggiuntivi e lo
sblocco delle procedure per gli investimenti pubblici, e un programma di riforme che poggia su un lungo elenco di interventi
dalla riforma della giustizia civile alle semplificazioni per Codice appalti e attività della Pubblica amministrazione.
Nel merito: deficit strutturale giù dal 2022
Su questi presupposti, Roma prova a rispondere punto per punto alle tre critiche centrali della commissione: il mancato rispetto
degli obiettivi di deficit, l’impatto sul debito e la mancata validazione delle stime di crescita da parte dell’Ufficio parlamentare
di bilancio. Sul primo aspetto, da cui partono tutte le altre obiezioni, Roma sottolinea il fatto che l’uscita dal sentiero
di aggiustamento strutturale è indubbia, ma il programma di bilancio «non prevede di espandere ulteriormente il deficit strutturale
nel biennio successivo», e si impegna a ripartire nell’avvicinamento all’obiettivo di medio termine «dal 2022»: un impegno
più circostanziato di quello scritto nella Nota di aggionamento al Def, dove la ripresa della correzione fiscale era rinviata
a data da destinarsi. Non solo: se il Pil «dovesse tornare ai livelli pre-crisi prima del previsto, il Governo intende anticipare
il percorso di rientro».
Debito in discesa più del passato
La ripresa degli investimenti, aggiunge Tria venendo alle ricadute sul debito, porta al «calo significativo» del rapporto
debito/Pil «previsto per il prossimo triennio, a differenza di quanto sperimentato dalle finanze pubbliche italiane nell’ultimo
decennio». Il rispetto più o meno fedele del quadro di regole europee, rivendica insomma il governo, non ha permesso di raggiungere
il suo obiettivo principale, cioè la riduzione del debito.
La battaglia sulle stime
Il terzo punto in discussione parte dalla bocciatura del quadro macroeconomico decisa dall’Ufficio parlamentare di bilancio,
cioè l’Authority indipendente nata nel 2014 proprio dalle regole europee per valutare il programmi governativi di finanza
pubblica. «Il dissenso - ribatte Tria - è limitato alla valutazione della manovra di bilancio sulla crescita», perché il quadro
tendenziale aveva ottenuto la validazione a metà settembre. Da questo punto di vista, «a fronte di una legge di bilancio che
fa aumentare il deficit di 1,2 punti percentuali, un impatto sulla crescita pari a 0,6 punti percentuali è del tutto in linea
con le stime usuali dei moltiplicatori di bilancio».
I prossimi passi
Fin qui le controdeduzioni italiane. Ma è difficile al momento prevedere che la risposta di Roma eviti la «contestazione formale»
del bilancio italiano da parte della commissione, che dovrebbe decidere già domani di chiedere al governo l'invio di un nuovo
progetto di bilancio entro tre settimane. Una prospettiva, questa, che pochi anche nel governo giudicano evitabile.
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