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Pensioni quota 100, per gli statali prima finestra dopo 9 mesi

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Pensioni quota 100, per gli statali prima finestra dopo 9 mesi

I primi candidati a “quota 100” del settore pubblico potrebbero dover aspettare nove mesi per incassare la prima pensione. L’ipotesi è stata al centro dell’ennesimo confronto tecnico-politico (il 30 ottobre) sul “pacchetto previdenza” che verrà confezionato in un disegno di legge collegato alla manovra. L’ulteriore allungamento della data di decorrenza, da utilizzare solo in prima applicazione, andrebbe incontro alle esigenze manifestate dalla ministra Giulia Bongiorno, preoccupata per la gestione del turnover che si innescherebbe con le numerose uscite previste per l’anno prossimo. Dopo il primo ciclo di pensionamenti della Pa a nove mesi dalla maturazione dei requisiti minimi (62 anni e 38 di contributi) si tornerebbe poi alle due finestre mobili semestrali, mentre i lavoratori privati conteranno su quattro finestre di uscita.

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Nel disegno di legge collegato, che dev’essere presentato entro gennaio anche se la volontà è di chiuderlo prima, potrebbero confluire pure le misure che riguardano le pensioni più elevate. Se non si scegliesse questa soluzione, l’alternativa è quella di un emendamento parlamentare al ddl di Bilancio. Lo schema di contributo di solidarietà, al momento, non cambia e fa leva su 5 distinte aliquote: si parte da 8-10% per gli assegni fino al 130mila euro lordi l’anno; 12-14% fino a 200mila; 14-16% fino a 350mila; 16-18% fino a 500mila e 20% secco oltre il mezzo milione. Il prelievo, di durata quinquennale, non scatterebbe per le pensioni prevalentemente contributive anche se si starebbe valutando una ulteriore opzione per colpire indistintamente tutti i trattamenti elevati ma solo con quattro aliquote. Resta sul tappeto, poi, una limitazione delle perequazioni all’inflazione di questi assegni elevati (sopra i 4.500 netti al mese) seguendo l’ipotesi di un adeguamento solo del 25 o 50% per un periodo ancora da stabilire. I risparmi derivanti da questi interventi sugli assegni “d'oro” finiranno in un apposito Fondo di garanzia destinato a finanziare nuove prestazioni assistenziali per soggetti in difficoltà da individuare con un decreto dei ministeri del Lavoro e dell'Economia.

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Ieri i dirigenti in attività e in pensione hanno annunciato una mobilitazione contro gli interventi annunciati dal Governo sulle cosiddette “pensioni d’oro” per dire basta agli “espropri” sugli assegni attuali e futuri. «Tramontata l’assurda proposta di legge sul cosiddetto ricalcolo delle pensioni medio/alte - ha affermato Giorgio Ambrogioni, presidente di Cida, la confederazione dei manager e delle alte professionalità nel convegno “Non per equità ma per cassa” - al suo posto ecco l’ennesima ipotesi di contributo di solidarietà a scapito delle stesse categorie di pensionati. Una formula apparentemente più sobria, ma non per questo meno ingiusta, visto che sono anni che la nostra categoria versa contributi di solidarietà senza che si riesca a dare una risposta organica e strutturale ai problemi che li hanno motivati».

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Presente al convegno Cida anche Vito Gamberale, ex ad di Autostrade e di Tim , che ha criticato l’ipotesi d’intervento sulle “pensioni d’oro”: «Io dovrei subire un taglieggiamento di 70.000 euro l’anno - ha spiegato - e dovrei pagare il reddito di cittadinanza a 10 disoccupati. Allora li voglio fare lavorare per me invece di stare nel letto con la consolle».

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