Non appena la notizia della sua revoca è cominciata a circolare, gli attestati di stima si sono moltiplicati. A cominciare da quella del direttore generale dell'Agenzia spaziale europea (Esa) Jan Worner, che si è detto molto dispiaciuto per la decisione e ha manifestato alto apprezzamento per il lavoro dello scienziato italiano. Perché i numeri della gestione di Roberto Battiston, a capo dell'Agenzia spaziale italiana, parlano chiaro. Come il suo lunghissimo curriculum.
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Di origini trentine, classe 1956, Battiston è ordinario di fisica sperimentale all'università di Trento. Dopo la laurea in Fisica alla Scuola Normale di Pisa, si è perfezionato in Francia, all'Ecole Normale Superieure, e nel
1982 ha conseguito il dottorato presso l'Università di Parigi IX, Orsay. Nel 1993 è diventato ordinario di fisica generale
nell'università di Perugia e da 20 anni è attivo nel settore spaziale, in particolare nella ricerca sui raggi cosmici. Nel
1994, con il Nobel Samuel Ting, ha proposto l'esperimento Ams (Alpha Magnetic Spectrometer), il “cacciatore di antimateria”
installato dal 2011 all'esterno della Stazione Spaziale Internazionale.
Uno scienziato dai solidi trascorsi cui potrebbe subentrare, nella corsa alla successione già partita, una figura di estrazione completamente diversa. Per il ruolo di presidente dell'Agenzia, infatti, il governo sarebbe intenzionato a puntare su un generale, Pasquale Preziosa, pugliese, già capo di stato maggiore dell'Aeronautica militare. Una scelta di rottura rispetto alla linea battuta finora e che ha privilegiato un profilo differente per la guida dell'ente, snodo strategico di un settore, quello della space economy, che oggi vale 1,6 miliardi e che è cresciuto moltissimo negli ultimi anni sotto l'impulso dell'Asi guidata da Battiston.
Un segmento del Made in Italy in gran forma, dunque, caratterizzato per l'80% da piccole e medie imprese, con la fetta principale di occupati e fatturato concentrata però soprattutto nelle grandi aziende (dove il gruppo Leonardo
fa la parte del leone, anche grazie alle sue joint venture Telespazio e Thales Alenia Space). E che, come detto, nel periodo
2014-2016, ha conosciuto una crescita costante: in tre anni, l'incremento occupazionale è stato del 3 per cento, con quasi
6300 lavoratori specializzati. E sono aumentate in modo rilevante anche le Pmi impegnate nel comparto, passate da 476 a 578.
Anche in termini di contributo apportato ai programmi oltreconfine, l'Italia ha poi fatto segnare numeri da primato. Nell'ambito dei programmi della Commissione europea, nel periodo 2014-2017 (dati di medio-termine della programmazione 2014-2020), il paese ha ottenuto infatti un sovra-ritorno di 276 milioni di euro: considerando che la contribuzione ai piani di Bruxelles è stata di circa il 12,48 per cento, il sistema spaziale italiano ha ricevuto indietro un 16,4%, mettendo in sostanza a segno un più 4 per cento. E anche rispetto all'asse con l'Agenzia spaziale europea - di cui, come detto, l'Italia è il terzo contributore con 2 miliardi di euro investiti tra il 2014 e il 2017 -, i riverberi sono stati altrettanto positivi, con un ritorno di 170 milioni di euro nel triennio per il sistema-paese. In sostanza, per ogni euro investito, il beneficio è stato di 1,12 a fronte, per esempio, dell'1,03 della Spagna o dello 0,98 della Germania. Una eredità non da poco, dunque, con cui il successore di Battiston sarà chiamato a misurarsi.
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