«La differenza tra la classifica italiana delle imprese a maggiore crescita e quelle analoghe che realizziamo con il Financial Times e in tanti altri Paesi? Nessuna star come Deliveroo o Spotify, ma ottime piccole aziende che possono competere a livello europeo partendo, a sorpresa, dalla provincia e dal Sud Italia. Altrove, il dinamismo è di solito polarizzato attorno alle capitali e al venture capital. In Italia, invece, ci sono società eccezionali ma sottocapitalizzate, finanziate con capitali personali o canali tradizionali, che partono dalla provincia con ambizioni globali. Ma come fanno?».
•CLASSIFICA/ La top 350 del Sole: guarda la lista della aziende italiane cresciute di più
Già, come fanno? È condivisibile lo stupore di Thomas Clark, partner associato e direttore dello sviluppo corporate e affari internazionali di Statista (la più autorevole società internazionale di statistiche, mega-ranking e ricerche di mercato), che ha lanciato con Il Sole 24 Ore la lista dei Leader della crescita 2019: 350 imprese ad alto tasso di crescita nel triennio 2014-2017. Aziende che hanno risposto a un bando pubblico e si sono sottoposte a scrutinio e poi alla scelta indipendente del Sole 24 Ore su chi potesse raccontare per prima la sua storia.
Tutte piccole e medie imprese (Pmi), decollate nel triennio in cui la crisi economica picchiava duro e il credit crunch era reale. Senza incentivi, senza Sistema-Paese che le spingesse, senza fondi di venture capital. Come hanno fatto a diventare sufficientemente resilienti per crescere in una congiuntura avversa e nel Paese della ritrosia diffusa a quotarsi in Borsa, dei buchi della banda larga, del ritardo nel digitale?
«Ecco, partiamo dal digitale - riprende Clark -. La numero uno della classifica è un’agenzia all’avanguardia, costruttrice di web reputation: Buzzoole. È stata fondata a Napoli, ma potrebbe lavorare allo stesso modo in Austria o in Svizzera. E ha una crescita impressionante. Ci ha colpito anche Doveconviene - Shopfully international group, già nella lista europea FT, innovativa piattaforma online per cogliere le offerte commerciali migliori, creata in Sardegna e poi aperta in diversi Paesi (dal Brasile alla Nuova Zelanda, con 30 milioni di utenti nel mondo, ndr)».
Sorprendente anche la società dello chef Antonino Cannavacciuolo, partito da Vico Equense (Napoli) alla conquista prima di Villa Crespi (Novara) e poi degli schermi televisivi. E gli altri partenopei in posizioni elevate della lista, come Unicoenergia e il Gruppo Capri, forte dei marchi Alcott e Gutteridge (che ha aperto negozi in parecchie città in Italia e all’estero). Attese, invece, la conferma dell’agenzia parmigiana di marketing digitale Caffeina, già nella classifica europea FT-Statista, e la consacrazione del parco tecnologico Kilometro rosso, della società immobiliare del gruppo Percassi e dello studio Carlo Ratti Associati (proiettato dal Mit di Boston all’Olimpo dei “progettisti di futuro”) .
Al di là dei nomi, dalla lista è utile identificare le leve di sviluppo attivate, per capire su quali sentieri l’Italia produttiva può avviarsi con maggiori probabilità di successo per centrare la crescita economica tanto necessaria. Nove le tendenze emergenti identificate, spesso interconnesse: il successo di servizi digitali evoluti che ha spinto le società di consulenza; la diffusione del commercio elettronico; l’internazionalizzazione efficace (non solo di beni ma anche di servizi); il boom del filone green e salutistico; il trionfo della qualità “assoluta”; la rivoluzione industriale 4.0; le formule innovative di retail e distribuzione; l’ascesa delle imprese sociali; il filone “local batte global” che premia le tipicità.
L’Italia può ripartire da qui: imprese resilienti, coraggiose, visionarie, «che hanno creato occupazione addizionale, per sé e il proprio indotto», rileva Clark.
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