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Libia, il vertice di Palermo riporta alla ribalta la diplomazia italiana

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Libia, il vertice di Palermo riporta alla ribalta la diplomazia italiana

(Ansa)
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Palermo – Fino all’ultimo sulle due sponde del Mediterraneo c’era chi, per motivi e interessi diversi, aveva scommesso sul fallimento della conferenza internazionale sulla Libia. E, fino all’ultimo, il rischio che il lavoro delle ultime settimane di Palazzo Chigi, Farnesina e Nazioni Unite si incagliasse era più che reale.

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Il generale Khalifa Haftar, uomo forte di Bengasi, si è fatto attendere per tutto il giorno a Palermo in un’altalena incontrollata di voci e indiscrezioni fino a quando, alle 18 e 30, il Gulfstream dei nostri servizi di sicurezza, dopo molte ore di volo, lo ha finalmente caricato a bordo per farlo atterrare all’aeroporto Falcone-Borsellino da dove si è diretto all’Hotel Villa Igiea, sede della conferenza ospitata dal premier Giuseppe Conte.

L’arrivo di Haftar
Haftar è stato subito inghiottito in una fitta serie di riunioni bilaterali con gli altri capi di Stato e di Governo (almeno dieci in tutto come il russo Medvedev e l’egiziano Al Sisi) e ministri degli Esteri (venti) e con i rappresentanti della realtà politica libica. Ha incontrato tutti il generale tranne il presidente dell'Alto Consiglio di Stato (praticamente il Parlamento di Tripoli) Khaled al Meshri, uomo troppo vicino alla Fratellanza musulmana che Haftar ritiene un'emanazione di Al Qaeda.

Gli incontri del premier
Ieri Conte, prima della cena di lavoro ha incontrato tutti e quattro i rappresentanti principali della realtà libica (Serraj, Haftar e i due presidenti dei Parlamenti di Tobruk e Tripoli). Per oggi non è previsto alcun documento finale da firmare. Il risultato è avere già messo allo stesso tavolo i principali protagonisti della politica libica. Un significativo passo verso il processo di democratizzazione del Paese nordafricano sostenuto con forza dalla nuova road map dell’inviato delle Nazioni Unite Ghassam Salamè che dovrebbe sfociare nella data delle prossime elezioni politiche e presidenziali. È stato proprio Salamè insieme alla sua vice, Stephanie Williams a coordinare insieme all’ambasciatore Sebastiano Cardi i due tavoli tecnici sulla sicurezza e sull'economia. Secondo la Williams «bisogna fare di più per incrementare il supporto logistico e creare forze regolari che assumano la responsabilità della sicurezza in Libia. Il successo – ha aggiunto la Williams - dipenderà da un sostegno univoco alle autorità libiche necessario per aumentare la capacità delle istituzioni libiche, soprattutto ministero degli Interni e della Difesa e le forze di polizia».

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I temi economici sul tavolo
Per quanto riguarda i temi economici il tavolo tecnico ha messo a fuoco i problemi relativi alla fusione in uniche istituzioni valide per tutto il territorio libico sia della Banca centrale che dell’ente petrolifero Noc. Non sono mancate proposte per calibrare la rappresentanza della Tripolitania e della Cirenaica nei board dei due organismi. Le due banche centrali attiveranno audit per certificare i loro patrimoni in vista dell'unificazione. Al tavolo hanno preso parte anche rappresentanti dell'Unione europea, della Lega Araba, del Fondo monetario e della Banca Mondiale. Sull'economia, ha spiegato Salamè «qualcosa si muove: la creazione di una tariffa sulle transazioni di valuta ha abbassato almeno del 25% il livello del cambio al mercato nero e ciò significa ridurre il margine di sfruttamento delle risorse libiche da parte dei gruppi criminali».

Italia, Francia e la “diplomazia del petrolio”
All’organizzazione della conferenza avrebbe contribuito anche la Francia che ha visto in Palermo una naturale prosecuzione della conferenza tenutasi in maggio a Parigi. E questo anche a smentire le voci di una contrapposizione tra Parigi e Roma. Anzi sarebbe stata già da tempo siglata una vera e propria “pax petrolifera” tra i due colossi del settore Eni e Total che non solo in Libia ma in Algeria, Libano ed Egitto intendono collaborare su progetti di comune interesse.

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