«Il programma del governo non cambia, ma c'è la volontà di discutere». Quella del ministro dell’economia Giovanni Tria il 19 novembre, al termine dell’Eurogruppo, è solo una delle ultime dichiarazioni che ha messo in fibrillazione i mercati alla vigilia del nuovo giudizio della Ue, con il probabile avvio della procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell'Italia. Tria ha assicurato che l’Italia continuerà, pacatamente, a difendere le ragioni economiche di un deficit più alto delle attese ma che comunque non sfora i parametri. Ma la convinzione di Tria non ha placato lo spread, che ha chiuso in netto rialzo a 322 punti base.
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Di Maio: misure lacrime e sangue per rispetto regole
Il 15 novembre è stato Luigi Di Maio a sostenere che rispettare «tutte le regole» vorrebbe dire fare misure «lacrime e sangue», «massacrando ancora di più pensionati,
disoccupati, imprese». E lo spread italiano ha continuato a ballare, chiudendo in rialzo a 313 punti base (un nuovo tweet del leghista Claudio Borghi, interpretato in chiave Italexit prima di una smentita dell'interessato, avrebbe
contribuito a far aumentare il differenziale).
Tria: non c’è nessun piano B
«Per ora non ci sono dei motivi per cambiarla perché pensiamo che la manovra sia corretta. È corretta perché il contesto economico
è cambiato da giugno ad oggi. Non c'è nessun piano B», ha detto il ministro Tria il 24 ottobre, ma nonostante le rassicurazioni
di Tria lo spread si è impennato a quota 322.
Salvini: non arretreremo
«In passato il governo Berlusconi è caduto perché è arretrato» in seguito al rialzo dello spread, «ma noi non arretreremo».
Così il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, il 23 ottobre, invece, a margine della sua visita a Bucarest, ha commentato il rialzo dello spread seguito alla bocciatura
della manovra da parte di Bruxelles. Quel giorno lo spread si è fermato a un passo dai 320 punti base. Il 18 ottobre lo spread ha toccato il picco di 327 punti base. E quel giorno Di Maio ha dichiarato: «Lo spread è a 327 per
una sola ragione perché i mercati pensano che questo governo non sia più compatto».
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