Il biglietto nominale per gli eventi live, come concerti e partite di calcio, è o meno un valido strumento di contrasto al fenomeno del secondary ticketing? Sergio Battelli, deputato del Movimento 5 Stelle, propende per la prima ipotesi: sua la prima firma sotto l’emendamento alla Legge di Bilancio che ne istituisce l’obbligo. Ma, proprio alla vigilia dell’approdo in Parlamento degli emendamenti, si alza la voce delle aziende di settore: con un’eventuale entrata in vigore della proposta Battelli, ci sarebbero inevitabili ricadute in termini di giro d’affari della musica dal vivo, posti di lavoro persi e crescita dei prezzi.
Un settore in salute (e le tasse che versa)
Tra i primi ad alzare la voce c’è Roberto De Luca, ceo di Live Nation, costola tricolore della multinazionale della musica
live: «L’emendamento - spiega - è completamente fuori luogo. Sembra quasi che ci sia un intento punitivo, un accanimento contro
un settore che muove un indotto importante per il Paese e offre un contributo non trascurabile in termini di tasse versate».
Da una simulazione effettuata sull’anno 2017, per esempio, risulta che Live Nation in Italia ha generato indotto per 363 milioni e versato 10 milioni di Iva. «Un’applicazione orizzontale della formula del biglietto nominale - continua De Luca - da un lato appesantirebbe l’iter
di chi deve acquistare i biglietti, dall’altro aumenterebbe in maniera spropositata il rischio d’impresa per chi organizza
un evento. Risultato: metteremmo in seria difficoltà un settore che, per fortuna, in questi anni ha dimostrato di essere in
salute».
I rischi del no al «cambio nome»
Molto critico, nei confronti dell’emendamento, anche Stefano Lionetti, ad di TicketOne, piattaforma di ticketing leader del mercato, controllata dalla multinazionale tedesca Cts Eventim. «Pur condividendo appieno l’obiettivo di eliminare il fenomeno del
secondary ticketing, siamo molto preoccupati. La nuova normativa non consente mai il cambio del nominativo e pertanto il biglietto
non può più essere “scambiato”, è solo ammessa la rivendita attraverso le piattaforme autorizzate al prezzo nominale. E gli
operatori primari non hanno in essere piattaforme di questo tipo. Anche se le legge le prevede, nel migliore dei casi occorreranno
diversi mesi per svilupparle. Inoltre viene ignorato il fatto che la rivendita resta una eventualità, perché non è detto che
altri acquistino». Le nuove regole si applicherebbero, non solo ai concerti di grande richiamo – quelli, per intenderci, che
hanno fatto conoscere il fenomeno del secondary ticketing al grande pubblico - ma a tutti gli spettacoli la cui capienza supera
i 3mila o forse 5mila posti (la cifra è oggetto di discussione tra i parlamentari), includendo la maggioranza degli eventi sportivi, la musica live e i family show, fino a insistere su spettacoli ed eventi
tutt’altro che sold out per far fronte a un fenomeno che riguarda un numero piuttosto circoscritto di eventi».
Fine dell’era dei bus organizzati
Tra le conseguenze, niente più gruppi di amici che si organizzano spontaneamente dopo avere acquistato («Chi viene con noi?
Intanto prendiamo i biglietti, poi si vede»), niente più possibilità di regalare due biglietti a un conoscente che potrà poi
invitare chi vuole e vita dura pure per la distribuzione attraverso agenzie, sponsor, bus organizzati e cambi merce e molto
altro. «Poiché siamo stati ascoltati alla Camera - spiega Lionetti - abbiamo chiesto direttamente a chi ha predisposto l’emendamento
una riflessione su questi temi che tenga conto non solo del bagarinaggio online, ma anche delle libertà personali del pubblico
e dei danni potenziali che potrebbero derivare, anche in termini di posti di lavoro, all’industria del live. La nostra proposta
- sottolinea il manager di TicketOne - resta quella di vietare sempre e comunque la rivendita a prezzi maggiorati, anche
da parte di singoli privati, elevare multe e oscurare i siti, cosa già prevista dalla legge in vigore, finora mai attuata».
Il rischio rincari
Tra i promoter sul piede di guerra, anche Mimmo D’Alessandro, fondatore dell’agenzia D’Alessandro & Galli, costola del gruppo Cts Eventim: «Siamo indignati. Chi ha scritto l’emendamento, non conosce il nostro mondo, non sa di cosa
parla e rischia di fare danni enormi a un settore in salute. Imporre, in maniera indiscriminata, il biglietto nominale significa
precludere automaticamente a una porzione importante di pubblico, i cosiddetti «indecisi», la partecipazione a un evento,
far crescere le code agli accessi e ancor più sensibilmente i costi di organizzazione di un evento. Costi che inevitabilmente
finiranno per ricadere sul costo del biglietto. Così si uccide un settore», conclude il promoter. La parola, adesso, passa
alla Camera.
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