Non va né su né giù. E in verità Vibo Valentia più giù della posizione 107 non potrebbe scendere. È la quarta volta che risulta ultima nella classifica sulla Qualità della vita. Sprofonda sotto il rank del 100 per il Pil, i prezzi medi delle case, la spesa in viaggi, la spesa sociale degli enti locali, l’uso dell’home banking, le sale cinematografiche, l’offerta culturale, la sportività. La durata media dei processi (più di 1.000 giorni) la inchioda al livello più basso.
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Eppure si posiziona meglio di Milano (e di Roma) per i protesti procapite, per il clima, per l’indice di vecchiaia, per la litigiosità in tribunale e per l’incidenza di scippi, borseggi, rapine e furti. La bassa incidenza dei reati registrati potrebbe anche dipendere da una minore propensione alla denuncia. Infatti, l’egemonia criminale della ‘ndrangheta pesa su gran parte del territorio, nel quale il numero degli omicidi è il più alto d’Italia (15,5 ogni 100 mila abitanti nel 2017).
Criticità e soluzioni
Ma puntando meglio la lente si ingrandisce l’immagine di una provincia (50 Comuni) che alle criticità tenta di trovare soluzioni. E che di suo presenta elementi positivi e peculiarità, come il patrimonio paesaggistico e culturale di grande valore. Siamo tra le Serre e la Costa Viola, vestigia elleniche e medioevali. Tra uliveti e vigneti di Magliocco e di Zibibbo che dalla zona del monte Poro (il suo Pecorino è un prodotto artigianale tradizionale - Pat) digradano verso il mare. E, lì, ecco Pizzo Calabro, Vibo Valentia, Briatico, Zambrone, Parghelia, Tropea, Ricadi, Joppolo e Nicotera. Paradisi del turismo estivo, e non più solo quello di massa. La cipolla rossa di Tropea e il tartufo gelato di Pizzo, il tonno Callipo (a Maierato), la nduja di Spilinga, il Vecchio amaro del Capo delle distillerie Caffo (a Limbadi). Tutti prodotti che superano i confini e i mercati nazionali.
Sfiducia e disamore
«Vibo e provincia sono realtà complesse in cui la prima cosa che tocchi è la sfiducia. Che qui, soprattutto tra i giovani, non serpeggia ma ingombra. C’è una generazione intera che ha perso entusiasmo e passione, che non scommette sul futuro. La criminalità toglie le speranze. E qui da noi le risposte delle istituzioni e il controllo del territorio non sempre sono coerenti alle specificità della zona». Il vibonese Domenico Sorace, avvocato amministrativista e scrittore (quattro i romanzi pubblicati), è un osservatore privilegiato del territorio. Tra le pagine dei suoi libri affiora Vibo, carica di contraddizioni, punto di partenza o di approdo.
«In questi luoghi puoi leggere la Storia passeggiando, basta averne consapevolezza. Ma la gente si è impigrita e spesso esprime disamore - continua Sorace -. Se provi a chiedere a una persona del posto della “laminetta orfica” dell’antica Hipponion, ad esempio, difficilmente saprà dirti di cosa si tratta». E invece è una testimonianza archeologica, poetica e teologica di grande valore, la migliore conservata al mondo, custodita nel museo archeologico di Vibo, che richiama il mito di Orfeo e di Dioniso e il pensiero di Pitagora. «Di cui poco o niente si racconta – aggiunge l’avvocato –. Eppure, sarebbe una forte attrazione per il turismo culturale su Vibo Valentia».
Capitale (mancata) della cultura
Il sistema bibliotecario è un progetto pilota avanzato, i festival della letteratura (Leggere&Scrivere) riuniscono ogni anno i protagonisti della cultura locale e internazionale. Il museo Limen è un presidio d’arte contemporanea. Non a caso, dunque, l’anno scorso Vibo Valentia era stata candidata a Capitale della cultura 2020. E non era una provocazione.
Il pronto soccorso dell’ospedale (centro Spoke), diretto da Vincenzo Natale, è fra i migliori della Calabria: 92mila accessi tenendo conto anche di Tropea, Serra San Bruno e di Soriano Calabro, ospedale distrettuale con punto di primo intervento. La struttura è già pronta a sperimentare per la prima volta il Italia il triage a codice numerico di priorità. Dal 2006, dopo l’alluvione di Vibo, ha attuato il piano per la medicina delle catastrofi. Molte zone sono a forte rischio idrogeologico.
Il record di imprese confiscate
Ma nel vibonese si registra anche il più alto numero di imprese confiscate per infiltrazioni mafiose (il 30 % del totale nazionale): in particolare nel settore dei trasporti, delle costruzioni, delle attività estrattive e del calcestruzzo. Anche commercio e turismo, come si legge in una recente relazione della Dia.
La Prefettura (diretta da luglio dal prefetto Giuseppe Gualtieri) ha stilato una white list di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa.
I comuni di Nicotera, Briatico, Tropea, Mileto, Limbadi, Sant'Onofrio, Stefanaconi, e San Gregorio d'Ippona sono stati sciolti per mafia. E altri sono a rischio. Ma qui, in alcuni casi secondo l’avvocato Sorace - al netto delle forti criticità reali, rispetto alle quali apposite commissioni di indagine valutano con attenzione condotte permeabili dalle interferenze della criminalità, accordi elettorali e condizionamenti dell’attività amministrativa - c’è anche da considerare una questione squisitamente giuridica: «C’è un problema nello strumento normativo, incentrato su una visione ampiamente indiziaria, che non consente il previo contraddittorio e rischia di alimentare la cultura del sospetto».
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