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I sindacati bocciano la manovra. «Pessima, noi in piazza a…

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Cgil-Cisl-Uil

I sindacati bocciano la manovra. «Pessima, noi in piazza a gennaio»

Un momento dell'incontro a Palazzo Chigi tra il premier  Giuseppe Conte e i sindacati del 10 dicembre 2018
Un momento dell'incontro a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e i sindacati del 10 dicembre 2018

«Sbagliata, miope, recessiva, che taglia ulteriormente su crescita e sviluppo, lavoro e pensioni, coesione e investimenti produttivi, negando al Paese, e in particolare alle sue aree più deboli, una prospettiva di rilancio». Così i sindacati Cgil, Cisl e Uil liquidano la manovra appena uscita dal Senato dicendosi pronte a mobilitazioni unitarie fino a «una grande manifestazione nazionale a gennaio». E altrettanto criticate sono le modalità di approvazione che rappresentano una grave lesione alla democrazia parlamentare».

Nel testo licenziato da Palazzo Madama, sostengono le organizzazioni sindacali, «non c'è il minimo sforzo per intercettare le urgenti e profonde necessità espresse dai territori, dal lavoro, dalle categorie più deboli. Di fronte alle enormi difficoltà dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati, dei giovani, si risponde con la logica assurda e incoerente delle spese correnti e dei tagli al capitale produttivo. Le risorse per gli investimenti, già limitate, sono drasticamente ridotte, bloccando così gli interventi in infrastrutture materiali e sociali (a partire da sanità e istruzione) necessaria leva per la creazione di lavoro, la crescita e la coesione sociale territoriale. Si fa cassa con il taglio dell'adeguamento all'inflazione per le pensioni sopra i 1522 euro lordi al mese, il blocco delle assunzioni nella Pa fino a novembre e le risorse -insufficienti- per il rinnovo dei contratti pubblici».

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«Nessuna risposta» a giudizio dei sindacati viene data sugli ammortizzatori «e neppure sul versante fiscale per lavoratori e pensionati dove invece si sceglie di introdurre la flat tax e nuovi condoni. Una legge di bilancio che colloca per il 2020 e 2021 sulle spalle degli italiani un debito di oltre 50 miliardi in virtù delle clausole di salvaguardia, vincolando così anche per il futuro qualunque spazio per interventi espansivi che facciano ripartire il paese». Si tratta di un andamento «che non risparmia, ma anzi infierisce di più sulle aree deboli del
Mezzogiorno, come dimostra il drammatico ridimensionamento del cofinanziamento europeo per la convergenza territoriale».

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